Sud Sudan: si parla di pace e si combatte la guerra. Un milione di persone in fuga

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
27 febbraio 2014
La situazione in Sud-Sudan peggiora di ora in ora, e i combattimenti scoppiati a Malakal, capoluogo dello Stato dell’Upper Nile (Alto Nilo), ricco di petrolio, il 18 febbraio 2014 non tendono a cessare. La città è praticamente distrutta  scrive Cecilia Kiden, capo della delegazione OXFAM a Malakal, in una lettera indirizzata a Africa ExPress.

OXFAM è una confederazione di 17 ong che lavorano in cento paesi con più di 3000 partners per combattere povertà e ingiustizie. “Due giorni fa – continua nella sua lettera Cecilia Kiden – abbiamo dovuto soccorrere quattro dei nostri collaboratori, perché intrappolati nei combattimenti all’interno della città. E’ di nuovo allarme rosso per gli accessi umanitari in tutto il paese. Infatti gli operatori di OXFAM e quelli di un’altra organizzazione che lavora con noi  nel campo dell’ONU alle porte di Malakal, non sono riusciti a muoversi  a causa dei combattimenti in atto tra i ribelli e le truppe governative. Non si contano i morti e i feriti, soprattutto tra la popolazione civile, come sostiene anche l’ONU”.

“Eravamo terribilmente spaventati anche noi a causa dei continui bombardamenti – scrive ancora Cecilia Kiden -. Poi, man mano che passavano i giorni abbiamo ricevuto notizie terrificanti dalle persone venute a cercare rifugio e protezione nel campo dei caschi blu, dove attualmente si trovano 21.000 persone.  Raccontano storie atroci di ragazze e donne violentate da uomini armati che al minimo accenno di fuga non esitavano a sparare e uccidere”.

Il racconto di Cecilia Kiden è raccapricciante: “Con l’inizio dei combattimenti in città, abbiamo dovuto ridurre notevolmente la nostra attività, sia all’interno, sia all’esterno della base; la situazione ha reso difficile, se non impossibile, sia lo spostamento del nostro personale sia quello dei beni di prima necessità.  Speriamo di poter riprendere regolarmente il lavoro entro mercoledì di questa settimana”

Gli sfollati in disperata attesa di aiuti di prima necessità, acqua potabile, cibo e medicinali, hanno raggiunto il milione di persone e sono sparsi in tutto il paese, oltre a quelli già nel campo.

Jose Barahona, direttore di OXFAM nel Sud Sudan, aggiunge alla lettera di Cecile Kiden: “Vogliamo riprendere la nostra attività quanto prima per poter portare aiuto alle persone vulnerabili a Malakal, ma sarà un compito difficile se non si giunge ad un cessate il fuoco tra le due parti, cioè tra i ribelli e le truppe lealiste. Questa situazione è già difficile per noi, figuriamoci per le persone sfollate a causa delle inaudite violenze. Il Paese e la sua gente sono in ginocchio. Una soluzione politica al conflitto deve essere trovata quanto prima.”

Mentre si uccide e le persone continuano a morire, continuano i colloqui di pace. Pare che uno dei punti chiave siano i detenuti politici: sulla loro sorte non si riesce a trovare un accordo. Pur essendo stato messo sotto pressione dai mediatori dei colloqui di pace (trattato firmato il 23 gennaio 20014 ad Addis Ababa), il presidente Salva Kiir Mayardit non vuole rilasciarli. Probabilmente intende utilizzarli più in là, per barattarli con qualche vantaggio una volta terminati i veri e propri colloqui di pace.

“Il fatto che non voglia liberarli è una vera e propria violazione del trattato di pace. Ci si nasconde dietro pretesti inconsistenti. Il presidente Salva Kiir Mayardit può benissimo indire un’amnistia e il ministro della giustizia John Luk Jok ha il potere di rinunciare a qualsiasi ulteriore investigazione e liberare gli ultimi quattro detenuti politici. Nove sono stati scarcerati il 29 gennaio scorso”, spiega uno dei precedenti negoziatori di pace.

Africa ExPress ha ricevuto una e-mai dalla portavoce italiana dell’organizzazione SOS Children (che gestisce villaggi per orfani in tutto il mondo) nella quale ci informa che venerdì la loro struttura a Malakal è stata evacuata. Novanta bambini, quattro collaboratori e tredici mamme sono stati trasferiti al campo dell’ONU, sotto la protezione dei caschi blu. Altri quaranta piccoli, guidati da un educatore, sono riusciti a fuggire attraversando il Nilo. Gli scontri erano troppo violenti, era  pericoloso rimanere nel villaggio di SOS.

Questa è la situazione reale nel Sud-Sudan. A cosa servono i trattati di pace se non si mantiene la parola data?  Anche se si dovesse arrivare a un cessate il fuoco, cosa che tutti si auspicano, a pagare le conseguenze è sempre la popolazione civile.

La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
Faceva la fame. Fra i vincitori
Faceva la fame la povera gente egualmente.
Bertolt Brecht

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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