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Il caso di Roberto Berardi, prigioniero in Guinea Equatoriale, approda in parlamento

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
25 febbraio 2014
Il caso di Roberto Berardi, un imprenditore italiano di 49 anni , che marcisce ancora in una terribile prigione nella Guinea Equatoriale, approda in parlamento. Il 5 febbraio 2014 il senatore Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani a Palazzo Madama, aveva presentato un’interpellanza in Senato, chiedendo un immediato intervento dell’allora ministro agli affari esteri Emma Bonino, che ha incontrato non poche difficoltà nel seguire il drammatico affaire.

Stamattina, con una lettera aperta, Manconi richiama l’attenzione del neo ministro agli affari esteri, Federica Mogherini , sulla terribile vicenda di Roberto Berardi in Guinea Equatoriale. E’ stato incarcerato oltre un anno fa, il 13 gennaio 2013, dopo una vicenda che ha dell’incredibile. Africa ExPress si è occupato  del caso dal novembre 2013, con diversi articoli.

Berardi è dimagrito di oltre 15 chili, sul corpo porta i segni delle frustate, indebolito  perché spesso viene anche privato del poco cibo, di acqua potabile e delle medicine che potrebbero guarirlo dalla malaria che ciclicamente lo colpisce. Da tempo si trova in una cella di isolamento, senza poter dialogare con nessuno. Impossibile ricevere visite e, anche quando incontra il suo avvocato, i colloqui avvengono sempre in presenza delle guardie.

Alla famiglia, che vive in Italia, non è permesso recarsi in Guinea Equatoriale. Tutte le richieste di visto sono state respinte e non è nemmeno semplice, quasi impossibile, per i nostri diplomatici ottenere l’autorizzazione per varcare il portone di questa tremenda prigione per incontrare il loco caro.

Naturalmente Roberto è privato dei più elementari diritti umani. La sua unica colpa? Essere entrato in affari con Teodorin, figlio del sanguinario e corrotto presidente  della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang, i cui avvocati gli hanno proposto lo scorso dicembre di ammettere e di firmare la propria colpevolezza in cambio della scarcerazione. Ovviamente e giustamente Berardi ha rifiutato, evitando così di cadere nella trappola dei suoi accusatori.

Obiang è un dittatore coccolato e vezzeggiato dalle compagnie petrolifere e i governi occidentali gli perdonano – come sempre in questi casi – le sue malefatte. La maggior parte dei 700 mila cittadini della Guinea Equatoriale vive  in povertà, pur essendo un paese ricchissimo perché galleggia su un mare di greggio. Gli introiti delle royalties  vanno nelle tasche di pochi, vale a dire in quelle della famiglia presidenziale e del suo entourage. Che confondono i conti dello Stato con quelli personali.

Se i governi sono permissivi, permettendo alla famiglia presidenziale i più sfrenati eccessi, i giudici sono un po’ più severi e così Teodorin Obiang è stato incriminato negli Stati Uniti e in Francia per appropriazione illecita. A Parigi gli è stato sequestrato un parco di automobili di lusso e un appartamento nell’esclusiva rue Foch. A Malibù i magistrati hanno messo le mani sulla villa che era di Michel Jackson, comprata con i soldi sottratti proprio a Roberto Berardi.

E forse è lì la chiave di tutto. Berardi è un testimone scomodo per il figlio prediletto del dittatore e i giudici americani vogliono ascoltarlo.  Ecco perché in quella galera africana rischia la vita: non solo per mancanza di cibo, di medicine e per i clima fetente. Ma anche perché il giovane Obiang potrebbe, senza problemi, liberarsi di un testimone scomodo.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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