Dal Nostro Corrispondente
Arturo Rufus
Nairobi 29 gennaio 2014
Il Kenya sta diventando sempre più pericoloso e il rischio di attentati, secondo gli osservatori quaggiù sta diventando piuttosto alto. A Nairobi, dopo l’attacco al centro commerciale Westgate nel settembre scorso, quando i terroristi tennero in ostaggio decine di clienti, e ne ammazzarono almeno 67, serpeggia il timore che un attentato simile possa ripetersi. Sulla costa, dove la maggioranza musulmana è in subbuglio e le infiltrazioni di shebab dalla Somalia sono frequenti, le forze di sicurezza sono in discreta allerta. La presenza di terroristi è stata accertata e, al di là delle assicurazioni delle autorità e degli operatori turistici, sempre propensi a tranquillizzare l’opinione pubblica, la minaccia di attentati è sempre in agguato. Martedì scorso a Malindi, in un agguato, è stato ucciso un agente anti-terrorismo che lavorava per l’agenzia di intelligence keniota e per l’FBI. E stamattina, in una sparatoria, la polizia ha ammazzato uno dei presunti omicidi e ferito il secondo.
L’agente ammazzato a sangue freddo si chiamava Ahmed Abdalla Backshuweini, 61 anni, si era occupato per alcuni anni di inseguire uno dei terroristi più temuti della catena Al Qaeda/Al Shebab, il comoriano Fazul Harun (o Fazul Abdallah) ucciso poi a Mogadiscio perché, sbagliando itinerario, si era cacciato in braccio a un posto di blocco governativo. Fazul era l’operativo di Al Qaeda che nel 1998 ha organizzato gli attentati alle ambasciate americane di Nairobi (rasa al suolo, oltre 200 morti) e di Dar Es Salaam.
Africa ExPress martedì sera ha potuto parlare con un collega di Backshuweini: “Sono preoccupato. Potrei fare la stessa fine – ha spiegato -. E’ sicuro che qui a Malindi si nascondono gruppi di terroristi che possono colpire in qualunque momento”. L’agente dell’FBI potrebbe aver scoperto qualcosa e quindi sarebbe stato ucciso per tappargli la bocca.
Secondo una ricostruzione fornita dai testimoni al capo della polizia di Malindi Kiprono Langat, Backshuweini è uscito di casa la mattina, si è fermato in un negozio, come faceva di solito, ed è rimontato sulla sua macchina. A quel punto è stato affiancato da una moto con tre persone a bordo, una delle quali ha sparato tre proiettili che hanno colpito a morte l’agente.
La famiglia, intervistata da un cronista del quotidiano Daily Nation, ha detto più o meno che Bakshuen si aspettava un attentato: “Aveva ricevuto molte minacce a causa del suo lavoro”.
L’agente investigava le attività dei fondamentalisti sulla costa: Mombasa, Kilifi, Malindi, Lamu, Tana River e Kiunga, ai confini con la Somalia.
All’inizio di dicembre il corpo decapitato di uno stretto amico di Backshuweini, Faiz Mohammed Rufai, era stato trovato su una spiaggia di Mambrui, città pochi chilometri a nord di Malindi. Rafai era stato rapito da un gruppo radicale islamico che gli aveva tagliato la testa e gettato in suo corpo nell’Oceano Indiano.
Secondo alcune fonti Rufai era uno ex shebab che era tornato in Kenya dalla Somalia e aveva cominciato a lavorare come agente doppio. I suoi ex compagni l’avevano accusato di tradimento.
Due settimane fa uno dei capi della tribù costiera Mjikenda è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco nella sua casa a Watamu, altra città questa volta una ventina di chilometri a sud di Malindi. La costa del Kenya sta diventando di giorno in giorno sempre più pericolosa, ha sottolineato Hussein Khalid, il direttore esecutivo di Haki Africa, un’organizzazione per la difesa dei diritti umani condannando l’omicidio di Backshuweini.
Arturo Rufus
Nella foto in alto Ahmed Abdalla Backshuweini, più in basso Fazul Harun
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