Nigeria, non solo petrolio e inquinamento ma anche guerre di religione

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
10 gennaio 2014
Il gruppo islamico jihadista “Boko Haram” non conosce sosta nell’uso della violenza. Nelle ultime settimane e giorni gli attacchi si sono susseguiti uno dietro l’altro, con successive controffensive dell’esercito nigeriano. All’inizio di dicembre sono state attaccate simultaneamente una base dell’aeronautica militare e l’aeroporto internazionale di Maiduguri, capitale dello stato del Borno, nella Nigeria nordorientale. Molte le vittime e tantissimi feriti.

La vigilia di Natale un portavoce militare nigeriano ha annunciati che l’esercito ha ucciso cinquanta membri del gruppo mentre tentavano di attraversare il confine con il Camerun. Nello scontro a fuoco hanno trovato la morte anche 15 soldati e 5 civili.

Da qui la decisione delle autorità di Yaundé (capitale del Camerun) di rafforzare, il 28 dicembre 2013, i controlli di frontiera con la Nigeria per bloccare l’infiltrazione dei combattenti del gruppo Boko Haram (Boko, in lingua hausa, significa “educazione occidentale”, mentre Haram è un vocabolo arabo, che tradotto liberamente è “peccato”; tutto ciò che viene dall’occidente è vietato, è peccato) e dei civili nigeriani in fuga.

“E’ impossibile garantire un totale controllo dell’intero confine – ha spiegato Bob-Iga Emmanuel, capo della polizia dell’ufficio del governatore dell’Estremo Nord del Camerun – anche se ci sono posti di blocco nei punti strategici per ridurre gli ingressi illegali”.

Il 30 dicembre un gruppo di fanatici integralisti fanno una strage ad una festa di laurea, uccidendo 8 persone e ferendone parecchi altri. Il giorno seguente, aprono il fuoco contro gli invitati ad un matrimonio nel villaggio cristiano di Tahan Alade, a 230 km dalla capitale del Borno, Maiduguri.

Da maggio 2013 in tre stati (Borno, Yobe ed Aadamawa) nel nord-est del paese dove il gruppo Boko Haram è particolarmente attivo, vige lo stato di emergenza, proclamato dal governo federale nigeriano.

Il colonnello Mohammed Dole ha raccontato che le “truppe del 195° battaglione hanno respinto con successo un attacco del gruppo jihadista al campo militare di Damboa: 38 morti tra i membri di Boko Haram e molti feriti che sono però riusciti a fuggire”.

Poco dopo è giunta un’altra notizia: il portavoce del ministero della Difesa nigeriano, il maggiore colonnello Chris Okenlade ha annunciato: “Sono stati rilasciati 165 presunti membri del gruppo Boko Haram, come ha ordinato una direttiva presidenziale.”

Il governo nigeriano non ha voluto rispondere alle accuse fatte dai difensori dei diritti umani secondo cui sono sparite centinaia di persone arrestate durante le offensive militari: molti di loro sarebbero stati uccisi, altri morti durante la detenzione in carcere. Chissà se avremo mai una risposta a questi quesiti.

Scontri religiosi non solo nel nord-est del paese. Risale a pochi giorni fa un’altra strage; questa volta nello stato centrale di Jos. Altro scenario, altra matrice. Jos è abitato da musulmani e cristiani. I primi, dell’etnia fulani (conosciuti anche come peuls) , sono per lo più pastori semi-nomadi, i secondi agricoltori Berom. Qui vige la legge “occhio per occhio, dente per dente” e non si combatte solo per questioni religiose-etniche, ma anche per la sopravvivenza. Lo stato del Jos è ben lontano dai grandi pozzi petroliferi e qui il pane quotidiano te lo dona la terra.

Pochi giorni fa sono state uccise più di 30 persone, molti i feriti, case bruciate, animali sgozzati o rubati. I fulani hanno fatto irruzione nel villaggio cristiano di Shonong.

Alcuni sopravvissuti raccontano che centinaia di aggressori, armati di fucili e machete, avrebbero assalito il villaggio. Ma accusano anche i soldati della speciale task force, di stanza nel luogo per proteggere la popolazione. I soldati avrebbero dato manforte ai fulani. Hanno sparato anche loro, sostiene Antele Alamba dal suo letto d’ospedale. Nella regione ci sono stati migliaia di morti negli ultimi anni.

Le indagini sono ancora in corso; chissà se e come le autorità competenti risponderanno a tali accuse.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes

Nelle foto: militanti di Boko Haram e la bandiera del gruppo islamico

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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