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Sud Sudan, rischio di caccia all’uomo, diplomazia al lavoro, arrivano gli ugandesi

Massimo A. Alberizzi
21 dicembre 2013
La calma è tornata a Juba, capitale del Sud Sudan anche se negli ospedali si curano (e si contano) e feriti delle giornate di violenza di inizio settimana. Almeno 34 mila persone terrorizzate si sono rifugiate nei compound delle Nazioni Unite per paura di essere ammazzate. L’Uganda ha inviato un contingente militare in appoggio ai caschi blu.

La violenza, però, si è spostata nella periferia del Paese. Scontri si segnalano perfino a Torit, nel sud del Paese quasi al confine con il Kenya oltre che nel Jonglei State, roccaforte dei nuer, l’etnia del vicepresidente licenziato nel luglio scorso, Riek Machar. Il suo capoluogo, Bor, è in mano ai soldati che gli sono fedeli. Uno dei comandanti militari del Jonglei State, Peter Gadet Yak, si è ammutinato sostenendo che suo compito è proteggere i nuer, attaccati, secondo lui, dall’esercito.

La diplomazia è al lavoro per cercare di ricomporre le divisioni tra Riek Machar e il presidente della Repubblica Salva Kiir. Il primo nega di aver tentato il colpo di Stato che ha dato origine alle violenze. Il bilancio provvisorio, stilato dalle Nazioni Unite, parla di cifre pesanti; fra 400 e 500 morti.

Si teme che la situazione possa sfuggire di mano e che parta una caccia all’uomo generalizzata con conseguenza imprevedibili per il Paese. La violenza etnica distruggerebbe un Paese appena nato, indipendente dal 9 luglio 2011. Secondo informazioni filtrate attraverso diplomatici su piazza a Juba, la delegazione di ministri degli esteri inviata dall’Unione Africana in Sud Sudan sembra ottimista: sono stati aperti contatti tra Salva e Riek. In arrivo a Juba anche Donald Booth, inviato speciale del Segretario di Stato americano, John Kerry, per i due Sudan.

Violenze si segnalano anche a Bentiu, capitale del Unity State (conosciuto in arabo come Al-Wahda) ricca provincia petrolifera. E’ stata attaccata la base delle Nazioni Unite ma per ora sembra che non si siano state vittime.

L’assalto al quartier generale dell’ONU a Akobo, costata la vita a due caschi blu indiani, ha provocato la morte di una ventina di civili dinka che avevano cercato protezione laggiù. Il compound è stato devastato, tanto che sono stati persi i contatti con il centro ONU a Juba. Un drappello dicachi blui è stato inviato di rinforzo alla guarnigione di Akobo.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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