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Madagascar, otto milioni al voto per eleggere il presidente

Nostro Servizio Particolare
Giorgio Maggioni
Antananarivo, 20 dicembre 2013
Oggi si sono aperti in Madagascar i 20.001 seggi per eleggere il presidente della Repubblica. Quasi 8 milioni gli elettori sono chiamati alle urne nella competizione che porrà fine a questi quasi 5 anni di transizione. Oltre al capo dello Stato saranno eletti i 151 parlamentari.

In assenza dei due personaggi principali che hanno ricoperto il posto di presidente dal 2002, Marc Ravalomanana e Andry Rajoelina, entrambi estromessi dalle elezioni sopratutto a causa del veto della comunità internazionale, si scontreranno due ex ministri rappresentanti le parti avverse.

Da una parte Hery Rajaonarimampianina, ultimo ministro delle finanze, un tecnocrate che ha fatto carriera come commercialista di grosse società e che è riuscito comunque negli ultimi 4 anni a non fare troppo vacillare i conti dello stato nonostante l’assenza di finanziamenti esterni da parte della comunità internazionale; la parte avversa, sostenuta dall’ex presidente Ravalomanana, sarà rappresentatata da Jean Louis Robinson, un ex ministro della sanità, sconosciuto ai più prima della sua candidatura, ma sopratutto prima del sostegno ricevuto dall’ex capo di stato in esilio.

Lo scrutinio finalmente permetterà di far uscire il Madagascar dalla situazione molto difficile che ha caratterizzato gli ultimi 5 anni, in particolar modo da quando la comunità internazionale (Fondo Monetario e Banca Mondiale in primis) ha bloccato qualsiasi forma di finanziamento alle politiche statali, finanziamento che fino al colpo di stato del marzo del 2009 rappresentava anche il 65 per cento del budget dello stato.

La cosa ha portato una popolazione che stava piano piano uscendo dalla miseria, a ripiombare nella povertà: più del 90 per cento della gente vive con meno di due dollari al giorno.

La voglia di cambiamento, o piuttosto di un ritorno alla situazione pre-golpe, é molto sentita specialmente nelle grandi città, la capitale Antananarivo prima di tutto, dove Robinson ha toccato vette anche del 65 per cento dei voti durante il primo turno delle elezioni presidenziali. Partito come outsider sconosciuto, Robinson ha raccolto il sostegno di tutti i partigiani di Ravalomanana e sembra lanciato per vincere queste elezioni.

Da parte sua sconta forse il fatto di essere un meticcio franco-cinese, e in un paese caratterizzato da forte tribalità e forte identità tipica degli abitanti di un’isola è un fattore che conta. L’appartenenza più volte ricordata dallo stesso alla massoneria e al partito socialista francese probabilmente invece non spostano più di tanto l’ago della bilancia, né in suo favore né in suo sfavore.

Hery, il lunghissimo cognome è impronunciabile, ha ricevuto il pieno e pubblico supporto del presidente attuale anche se contro la legge, che prevedeva l’assoluta neutralità delle cariche e degli apparati dello stato, e cavalca il sentimento anti Ravalomanana che, nonostante tutto, tocca ancora una parte importante della popolazione, sopratutto localizzata sulle coste del Madagascar.

Il voto si sta svolgendo in maniera pacifica sotto l’occhio attento degli osservatori internazionali e delle forze dell’ordine che per l’occasione hanno raddoppiato la presenza nelle città e nelle campagne. I risultati invece si faranno attendere perché è già cominciata la stagione delle piogge e alcuni seggi sono molto lontani da strade asfaltate o comunque percorribili.

Il problema sarà poi fare accettare l’esito delle elezioni alla parte perdente, visto che già dal giorno del voto le denunce per frode si sono sprecate.

Se vincerà Jean Louis Robinson dovremo anche vedere come il responso delle urne sarà accettato dai militari, una buona parte dei quali, invischiati a alti livelli nel colpo di stato del 2009, teme le vendette possibili dal ritorno del vecchio regime.

D’altro canto, se dovesse vincere Hery, di sicuro la popolazione degli altopiani non apprezzerebbe il risultato e potrebbero esserci rischi di scontri; inoltre il fatto di aver dovuto assemblare una coalizione molto vasta durante la campagna elettorale pone seri dubbi sulla sua tenuta e sulla possibilità di governare come vorrebbe, senza lasciarsi condizionare dagli alleati, alcuni dei quali non vogliono per nulla lo sviluppo del paese.

Giorgio Maggioni
www.giorgiomaggioni.com

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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