Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
20 dicembre 2013
Ormai in Sud Sudan è guerra civile tra i dinka fedeli al presidente Salva Kiir e i nuer dell’ex vicepresidente Riek Machar. Ieri ad Akobo, un remoto villaggio nel Jonglei state, i nuer hanno preso d’assalto una base delle Nazioni Unite dove si erano rifugiati civili dinka: tre caschi blu indiani sono stati uccisi.
Scontri tra i lealisti dinka, la più grande tribù del Paese, e i dissidenti nuer, la seconda popolazione, si segnalano un po’ ovunque, Si sta verificando quello che si temeva: una guerra civile generalizzata.
Ieri, per cercare una soluzione negoziata alla crisi, è arrivata a Juba, la capitale sud sudanese, una delegazione dell’Unione Africana, di cui fanno parte diversi ministri degli esteri.
La situazione è assai confusa: la città di Bor, a nord di Juba, capitale del Jonglei State, è stata catturata dai ribelli. Nel 1991 in quella zona i nuer massacrarono centinaia di dinka e si teme che la carneficina possa ripetersi.
Presidente e ex vicepresidente si accusano a vicenda di aver scatenato la guerra. Lunedì Salva Kiir in una conferenza stampa aveva annunciato che un colpo di stato organizzato da Riek Machar era fallito. Per l’occasione Salva aveva rinunciato all’usuale cappello da cow boy e indossato una mimetica militare da battaglia.
Machar aveva respinto le accuse, sostenendo di non aver mai tentato nessun golpe. Il colpo di stato, ha insinuato, è stato utilizzato dal presidente come scusa per far fuori gli avversari politici.
In luglio Salva Kiir ha licenziato il suo vice insieme a tutto il governo e ha concentrato sempre più il potere nelle sue mani e in quelle di suoi fidati amici dinka. Si è attirato così le accuse di voler trasformare la repubblica in una dittatura. Ieri comunque ha inviato il suo rivale a sedersi a un tavolo per aprire negoziati di pace.
Il Sud Sudan è il più giovane stato del mondo: ha raggiunto l’indipendenza nel luglio 2011.
Massimo A. Alberizzi
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