Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
19 dicembre 2013
Paola Zignone una delle mamme che attendono a Kinshasa, capitale del Congo-K, di tornare a casa con il figlio appena adottato laggiù, ha scritto una lettera che noi volentieri pubblichiamo. Nella sua situazione si trovano altre 23 coppie italiane, giunte a Kinshasa un mese fa, alcune anche prima. Il marito ed il primo figlio della signora Zignone devono rientrare in Italia.
Lungaggini burocratiche, dovute ad un blocco sulle adozioni internazionali attuato dal governo congolese, come abbiamo spiegato ampiamente nel nostro servizio di qualche giorno fa. Sottolineiamo che il governo in questione non è firmatario della convenzione dell’Aja sulle adozioni internazionali. La nostra diplomazia sta cercando di districare il groviglio di questa complessa faccenda .
Un’adozione rappresenta una delle massime espressioni d’amore, speriamo che lo sappiano anche i nostri ministri e i loro omonimi congolesi. Le famiglie avrebbero voluto ricongiungersi con i loro cari rimasti in Italia per le imminenti feste natalizie, un sogno che bisogna rinviare per un po’.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
Ecco la lettera della signora Zignone
Kinshasa, 18 dicembre 2013
Mi chiamo Paola e con la mia famiglia attualmente mi trovo a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, ed oggi sono andata a visitare una casa famiglia che accoglie bambini, grandi e piccoli, bambini per i quali si sta cercando di fare un ricongiungimento famigliare. Bambini grandicelli che sperano ancora che ci sia qualcuno che abbia voglia di essere il loro papà e la loro mamma, ma io non sono andata là per incontrare mio figlio, ma purtroppo per vedere se potrò lasciare là mio figlio.
Si sta avvicinando il Natale, ma quest’anno sarà un Natale molto triste quello per la mia famiglia. Dopo più di un mese che siamo qua, lunedì prossimo mio marito Corrado ed il nostro primogenito partiranno per tornare in Italia, non è così facile in questo periodo di festività trovare dei voli per rientrare in Europa e pertanto essendoci disponibilità per due posti abbiamo deciso che per loro era ora di rientrare in Italia, sia per il lavoro di mio marito che per nostro figlio, che ha bisogno di recuperare le 5 settimane di scuola perse, anche se qua abbiamo cercato di fare parecchie cose supportati con molto affetto dalle sue maestre, ed essere pronto per il ritorno a scuola a gennaio. A questo punto io mi trasferirò ad abitare insieme ad altre due famiglie italiane in modo da condividere un po’ le spese di alloggio, che qui non sono cosa da poco.
Io resterò qua a Kinshasa con il nostro secondogenito, che abbiamo adottato in Repubblica Democratica del Conto, un bambino stupendo di 7 anni, con tanta voglia di vivere ed avere una famiglia. E’ cambiato tantissimo dal giorno in cui ci siamo incontrati, ora ride, scherza, gioca con suo fratello e suo padre rincorrendosi per casa, ha imparato già un sacco di parole in italiano , gli piacciono le coccole, disegnare, giocare con il lego e bere il latte la sera prima di andare a letto.
Passerò Natale a Kinshasa con lui, mentre mio marito passerà il Natale in Italia con l’altro nostro figlio, saremo una famiglia divisa e triste.
Io e mio marito passeremo il Natale con l’angoscia di non sapere se il 17 di gennaio quando mi scadrà nuovamente il visto, saremo riusciti a tornare a casa in Italia tutti. Si perché non siamo affatto certi purtroppo che riusciremo a portare in Italia nostro figlio e proprio per questo oggi sono andata a visitare una casa famiglia.
Anche io a metà gennaio dovrò tornare in Italia e con me anche altre mamme e papà e dovremo spiegare ai nostri figli che non possiamo ancora portarli con noi in Italia, perché ci sono problemi burocratici che impediscono loro di partire e vivere insieme alle loro mamme ed ai loro papà; ma come si fa a far capire a questi bambini una cosa simile, come si fa a tradirli in questo modo e lasciarli qua, ma se a metà gennaio questa situazione non si sarà sbloccata ci è stato detto che ci potranno volere mesi perché si risolva e non possiamo stare per mesi qua.
Vivremo il nostro Natale con questo macigno sulla testa, chiedendoci se mai nostro figlio capirà perché dobbiamo lasciarlo qua e se mai ci potrà perdonare.
Paola Zignone
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Capisco la frustrazione di questi genitori e anche dei loro figli, quello delle adozioni è un mondo abbandonato a se stesso. Ogni nazione si comporta come meglio crede senza dare ascolto a nessuna persona esperta in materia (e nelle associazioni ce ne sono tante). Nemmeno io lo sono, con mia moglie siamo ormai due anni che aspettiamo con ansia di adottare un bambino tramite adozione internazionale. Già durante il nostro cammino ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, per cui in parte mi sento coinvolto in questa ennesima straziante storia. Una storia che poi verrà dimenticata e sepolta sotto un cumulo di tanto amore e felicità, che alla fine quei genitori e quei figli si daranno e riceveranno reciprocamente solo da loro stessi, non certo da nessuna istituzione. Il Congo avrà pure le sue colpe, ma da cittadino italiano posso affermare che la nostra nazione, in cui i bambini saranno anche tenuti meglio negli istituti, ma in fatto di adozioni è molto legata a diverse lobby e migliaia di iter burocratici sconosciuti ed a volte inventati di sana pianta sul momento. Lobby come la chiesa ad esempio, lobby come gli istituti che ricevono lauti finanziamenti per tenere i bambini, figuriamoci se li danno in adozione. Posso affermare senza timore di smentita che qui in Italia è impossibile adottare un bimbo se non si hanno le giuste conoscenze. Per questo motivo come nazione non abbiamo niente da recriminare al Congo, siamo noi italiani che siamo costretti ad adottare fuori perché qui da noi l’adozione non è aperta a tutti, quindi non possiamo pretenderlo da altre nazioni, anche perché credo sia impossibile anche pensare di fare l’inverso, ossia che un congolese riesca ad adottare un bimbo italiano. E’ anche vero che adottare all’estero è una cosa bella al di là di ogni altro senso che si vuole dare alle mie parole, noi ad esempio lo abbiamo fatto per scelta, ma tante coppie che conosciamo lo hanno fatto perché hanno aspettato invano per anni una adozione italiana (e non mi si dica che non ci sono bambini che ne hanno bisogno), ci si deve accontentare di un affido, che poi non si tramuterà quasi mai in adozione, perché magari sarà scelta un'altra famiglia non si sà in base a quali criteri. Ci si trova davanti una burocrazia infinita, fatta di persone che brancolano completamente nel buio. Per l’adozione internazionale non esiste un centro, un ente dove la coppia viene seguita da psicologi, medici vari e servizi sociali esperti in materia. La coppia viene mandata nel comune di residenza a parlare “arabo” all’ufficio dei servizi sociali, dove c’è una persona che, per quanto brava e preparata nel suo lavoro, non ha mai sentito parlare di adozioni. Peggio ancora, il comune si trova a fronteggiare una spesa per dover pagare uno psicologo esterno (perché non ne ha uno in organico), che nel nostro caso ha creato solo gravi danni, per preparare una relazione da presentare al Tribunale minorile entro determinati termini che non vengono rispettati. Nel Tribunale minorile poi devi trovare la persona esperta, e vi assicuro che nel nostro caso era solo una, e il giudice esperto e di buon cuore che capisca realmente su cosa sta decidendo. Fatto questo, inizia la burocrazia negli enti e negli ospedali, con medici che non sanno nemmeno che le visite per adozione devono essere esenti da ticket, chiedono a te e non trovano sto benedetto codice da mettere nell’impegnativa (I001). Cosa che a noi ad esempio ha fatto presente, per puro caso, la penultima dottoressa che abbiamo visto, questo dopo aver pagato profumatamente tutte le altre visite specialistiche che non sono poche (compresa perizia psichiatrica come se avessimo la fedina penale sporca e come se dopo i mesi e gli anni che si aspettano uno non potesse diventare matto dopo, lasciamo stare). E’ vero, ci sono stati medici anche comprensivi per fortuna, e colgo l’occasione per ringraziarli infinitamente, ma la realtà è che sia noi che loro siamo vittime abbandonate dalle istituzioni. Cosa costerebbe avere anche un solo centro a livello regionale che si occupi solo di adozioni? Un centro dove la coppia possa aprirsi serenamente ed essere presa per mano durante tutto il percorso adottivo? Niente, siamo costretti a raccontare la nostra storia e la nostra scelta a centinaia di persone, medici, psicologi, sindaci, impiegati di ogni genere, infermieri, portantini, direttori di vario genere e bussare in uffici a caso per chiedere: cerco tizio per delle pratiche di adozione internazionale. Spiegargli da quanto lo cerchi e cosa ti serve, per poi sentirti dire: No guardi, mi spiace, ha sbagliato stanza, provi al quinto piano. Salire le scale per fare prima e sentirsi rispondere ancora la stessa identica cosa. Alla fine, se si è fortunati, si trova uno di buon cuore (dopo che mezzo edificio sa perché sei li) che ti dirà che sei nel luogo sbagliato e chi stai cercando non sta li ma bensì dall’altra parte della città. Questa è solo una parte di quello che si vive e viverlo sul serio è davvero molto pesante. Per non parlare poi di aiuti economici, c’era uno che ci spettava da parte della regione certo, ma le lungaggini della preparazione delle relazioni ce lo ha fatto perdere e la regione non lo ha rinnovato per l’anno successivo. Però vengono dati finanziamenti a chiunque minacci un minimo blocco stradale o alzi un po’ la voce. Per l’adozione non si dovrebbe e non si vuole alzare la voce, dovrebbe essere un diritto per ogni coppia e per ogni bambino ricevere e poter dare amore, invece no, come se non bastasse siamo ridicoli anche quando si tratta di adozioni. Per questo non possiamo fare altro che i nostri migliori auguri alla signora Paola, capiamo in che situazione si trova e le possiamo augurare soltanto buona fortuna e di fare ancora affidamento alle proprie forze che sono le uniche che la aiuteranno. Se non sarà per il natale sarà almeno per il resto della loro storia d’amore adottiva, auguri.
Coppia anonima.