Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Swakopmund (Namibia), dicembre 2013
Gli africani scappano dai loro Paesi quando sono governati da regimi autoritari, repressivi e corrotti. Un miscuglio esplosivo che provoca povertà endemica e mancanza di prospettive per il futuro. Esempio classico è l’Eritrea, dove un dittatore megalomane che aveva promesso ai suoi concittadini libertà e prosperità si è invece affrettato a trasformare i suoi concittadini in sudditi prigionieri affamati in un campo di concentramento i cui confini coincidono con quelli dello Stato.
La porta che per i migranti provenienti dall’Africa conduce all’Europa, e da lì agli Stati Uniti o al Canada, passa per Lampedusa. Ma attenzione: noi siamo consapevoli delle migrazioni verso l’Europa, dalle tragedie del mare e dai barconi. Ma chi scappa dalla povertà e dalle dittature non si dirige soltanto verso l’Europa. Dentro l’Africa esistono migrazioni interne altrettanto estese e tragedie le cui eco, nonostante le proporzioni enormi del dramma, non arrivano fino a noi.
La fascia meridionale del continente è la più ricca: Sudafrica, Namibia, Botswana, Paesi molto diversi tra loro, fungono da calamita per i vicini dove regimi autoritari non sono riusciti a costruire economie rispettabili o la corruzione ha distrutto quel poco che era stato edificato. Lo Zimbabwe che una volta era un modello di sviluppo, con un’agricoltura non solo autosufficiente ma addirittura esportatrice di prodotti pregiati, in mano a Robert Mugabe, altro dittatore megalomane, è crollato e ora esporta solo migranti in cerca di un lavoro che in patria non c’è più.
Per non parlare dell’Angola dove un dittatore ex comunista cleptocrate, Eduardo Dos Santos, saccheggia le risorse petrolifere del Paese. La figlia Isabelle viene considerata la donna più ricca d’Africa, mentre ai suoi sudditi vengono riservate le briciole.
Corruzione senza fine anche nei due Congo (Kinshasa e Brazzaville). Nel primo polizia e soldati non ricevono lo stipendio mensile e quindi sopravvivono taglieggiando la gente. Nel secondo nel secondo le royalty del petrolio finiscono nelle tasche di poche famiglie amiche del dittatore Dennis Sassu Nguesso mentre la gente muore di fame.
In Namibia gli emigranti in cerca di una vita migliore arrivano soprattutto dall’Angola, dai Congo e dallo Zimbabwe. La polizia di tanto in tanto organizza retate: chi viene trovato senza documenti validi viene rispedito senza tanti complimenti a casa. L’ultimo rastrellamento a inizio dicembre nella regione di Oshana dove le forze dell’ordine “alla ricerca di criminali”, sostiene un comunicato ufficiale, hanno arrestato 32 migranti illegali, 30 angolani e 2 dello Zimbabwe.
Secondo il comandante della polizia regionale Ndahangwapo Kashihakumwa gli agenti hanno rastrellato “strade, mercati e tutti i luoghi dove c’era la possibilità di incontrare chi senza visto o permesso di lavoro era intento a coltivare il suo business, leggi piccoli commerci più meno ambulanti in mano agli angolani: caramelle, biscotti, ricariche telefoniche.
“M’bote, m’bote minghi”, il saluto in lingala, la lingua che si parla nel Congo occidentale serve per identificare chi sul lungomare di Swakopmund vende invece oggetti d’arte africana: maschere, statuette, collane, tutta roba sconosciuta alla Namibia. Vuol dire più o meno “salve come stai?”. E a sentire un bianco che gli si rivolge così, il mercante sobbalza e racconta la sua storia. Una storia comune a quella dei migranti che raggiungono Lampedusa, sebbene senza il rischio di morire annegati in fondo al mare.
Le frontiere si devono superare di notte evitando le pattuglie che rispediscono indietro che viene scoperto a varcarle di nascosto. E una volta raggiunti i parenti o gli amici in Namibia, si deve convivere con la paura di essere riacciuffarti e rispediti indietro.
Certo il passaggio in Namibia costa molto meno del viaggio in Italia. Spesso la strada viene indicata da chi l’ha già fatta e quindi non c’è bisogno di guide o “scafisti”. I rischi di morire sono praticamente pari a zero, ma la Namibia non è l’Europa, ponte verso il continente nordamericano.
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Parlando subito dopo l’arresto dei 32 arrestati immigrati arrestati, il comandante Kashihakumwa non ha avuto mezzi termini: “Saranno deportati nei loro Paesi oggi stesso. Non possiamo trattenerli qui da noi per troppi giorni: non abbiamo cibo e acqua sufficienti e non possiamo garantire la loro sicurezza. E poi le nostre carceri sono piene: non abbiamo spazio per loro”.
Uno degli angolani, intervistato dal quotidiano Namibian, ha ammesso di non aver chiesto la legalizzazione perché non sapeva bene dove andare e non aveva chiesto il visto nel suo Paese di origine perché costava troppo caro: “Non potevo permetterlo. Quindi ho scelto di venire qui da illegale alla ricerca di un lavoro, che nel mio Paese non c’è, con il quale poter sopravvivere”, ha confessato al reporter del giornale.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
Nelle foto in alto una parte del gruppo di 32 migranti arrestati. In basso migranti che stanno per essere deportati
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