DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
Massimo. A. Alberizzi
Nairobi 28 novembre 2013
Era un semplice capitano dell’esercito Amadou Haya Sanogo il 22 marzo 2012 quando con un colpo di Stato si impadronì del potere e si autoproclamò presidente del Mali. Poco dopo si regalò i gradi di generale e oggi è stato arrestato con accuse gravissime: omicidio, tortura, stupro, sequestro di persona, intimidazione e violenze di vario genere contro gli oppositori politici o chi non la pensava come lui, specie tra i militari.
E’ stato prelevato all’alba dalla sua abitazione e portato nel carcere principale di Bamako, dov’è tenuto sotto chiave. Il suo golpe, l’anno scorso, mise fine ad un ventennio di democrazia, forse incerta, ma pur sempre democrazia. Prese il potere accusando il presidente rovesciato, Amadou Toumani Touré, di distrazione di fondi dello Stato e di scarsa volontà nel combattere la ribellione tuareg e il terrorismo islamico nel nord del Mali . La Reuters, un paio di settimane dopo, quando i jihadisti dilagarono a settentrione occupando Kidal, Gao e Timbuctù, definì il colpo di Stato “un tragico autogol”.
Il generale Sanogo, il cui nomignolo è Bolly, comunque ha un curriculum militare di tutto rispetto. Oltre al francese parla inglese perfettamente perché ha studiato nelle migliori accademie militari americane. Subito dopo il colpo di Stato uno dei suoi istruttori racconterà a un quotidiano statunitense:”Gli avevamo insegnato che i militari devono essere fedeli alla democrazia e alle leggi del proprio Paese”. Sforzi, si vede, sprecati.
Il suo arresto indica chiaramente che il governo del neo eletto presidente Ibrahim Boubacar Keïta (in carica dal settembre scorso) non ha paura dell’esercito e dei golpisti e che intende filare dritto sulla strada della democrazia. Una strada che ha permesso al Mali di avere uno dei tassi di crescita maggiori del continente.
Le circostanziate accuse contro Sanogo sono state evidenziate da un rapporto di Human Rights Watch, una delle principali organizzazioni per le difesa dei diritti umani, curato da Corinne Dufka, ex fotografa delle Reuters (famosissime le sue fotografie di teste mozzate, scattate durante le guerra in Sierra Leone): “I soldati che non gli obbedivano – ha raccontato Corinne – venivano sistematicamente torturati e uccisi”.
“I giudici hanno dimostrato – ha continuato – che nessuno, nemmeno un generale a quattro stelle, è al di sopra della legge. Il comportamento della magistratura è un passo molto incoraggiante per sconfiggere la cultura dell’impunità ”.
Massimo A. Alberizzi
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Nella foto in alto il generale Amadou Haya Sanogo, in basso Ibrahim Boubacar Keïta