Massimo A. Alberizzi
16 Novembre 2013
La richiesta all’Onu rivolta dai Paesi africani di rimandare di un anno il processo davanti alla Corte Penale Internazionale (ICC) al presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta e al vicepresidente William Ruto, non è stata accolta. Otto membri del consiglio di sicurezza, compresi Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, si sono astenuti per far fallire l’iniziativa. La mozione per sospendere il procedimento ha avuto solo sette voti, due in meno rispetto alla maggioranza richiesta.
Nessuno dei membri permanenti ha dovuto usare il diritto di veto per bloccare la risoluzione. E’ da parecchi anni che una risoluzione non passa senza l’uso del veto. Con il loro atteggiamento volto a delegittimare il tribunale, i Paesi africani intendono arrogarsi il “diritto al massacro”, aveva sottolineato per l’ennesima volta l’arcivescovo anglicano sudafricano Demond Tutu, eroe della lotta anti apartheid. Gli aveva fatto eco ex segretario ghaneano delle Nazioni Unite Kofi Annan anch’esso critico verso che “pretende l’immunità”-
La richiesta non è passata e ora si attende di sapere cosa faranno i Paesi africani. Al vertice dell’Unione Africana quanche settimana fa, avevano minacciato di uscire in massa dal trattato che ha ratificato il tribunale. Ovviamente non tutti nel continente la pensano allo stesso modo, non tutti sostengono che la Corte sia “razziasta” e con un “atteggiamento pregiudiziale contro gli africani”.
Kenyatta e Ruto, che sono stati eletti alle scorse elezioni in marzo, devono difendersi dall’accusa di aver organizzato le violenze che seguirono alle elezioni presidenziali di fine dicembre 2006. Ci furono un migliaio di morti in scontri tribali tra i sostenitori dell’uno e quelli dell’altro, che allora erano su fronti opposti.
Particolarmente duro l’ambasciatore del Guatemala, le cui truppe sono impegnate in operazioni di peacekeeping in Africa: “L’atteggiamento degli africani è uno schiaffo a quei Paesi impegnati nell’inviare aiuti nel continente, compresi i soldati per mantenere la pace”.
La risoluzione chiedeva la sospensione del processo perché Kenyatta e Ruto devono occuparsi della sicurezza del loro Paese dopo l’attacco terrorista, il 23 settembre, al Westgate, il centro commerciale dove ufficialmente furono uccise 67 persone.
Presentata dal Ruanda, un Paese che ha conosciuto l’atroce violenza del genocidio, è stata bocciata il giorno dopo la presentazione di una ricerca demoscopica, organizzata dalla Ipsos Synovate, secondo cui i cittadini del Kenya vogliono che il tribunale internazionale giudichi i suoi due attuali leader per i crimini che gli vengono attributi: su 2.060 intervistati, 67 per cento è a favore del processo e solo il 25 si è espresso a favore dei due.
Un paio di giorni fa una ventina di persone che avrebbero dovuto testimoniare al processo, si sono ritirate. Il dubbio che siano state comprate o che abbiano paura di ritorsioni è concreto.
Massimo A. Alberizzi
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