Storia di Robiel, morto annegato, scappato dall’Eritrea con un sacchetto di plastica pieno di sogni

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
Cornelia I. Toelgyes
8 novembre 2013
Buongiorno a tutti. Mi chiamo Robiel, anzi, mi chiamavo così. Robiel HabtomRobiel HabtomOra sono morto, annegato, vicino a Calais, in Francia. Vi voglio raccontare la mia storia. Sono nato 25 anni fa in Eritrea. Ho un fratello ed una sorella, io sono il maggiore dei tre.  Mia sorella ha 21 anni; ora vive in Israele. Era stata rapita, l’avevano portata nel Sinai, torturata e tutto il resto. Mamma ha pagato, l’hanno liberata. Ora lei sta bene.  Il mio fratellino, invece, rischia di diventare cieco ad un occhio per via di uno stupido incidente.  E’ anche per questo che ero scappato dall’Eritrea. Volevo aiutarlo, volevo guadagnare un po’ di soldi per poterlo fare operare, oltre che per quel terribile servizio militare.

Insomma me ne sono andato, scappato. Ho messo tutti i miei ricordi in un sacchetto di plastica e sono arrivato in Libia. Lì mi hanno messo in prigione per un po’. Una cosa terribile, ci picchiavano, poco o niente cibo, umiliazioni di tutti generi. Poi, non mi è sembrato vero, mi hanno liberato. Sono corso al primo porto, ho trovato uno scafista. Mi ha detto :”Tieniti pronto, fra qualche giorno si parte”. Ero felice come non mai. Ho iniziato a sognare. La cugina di Robiel con la fotoLa cugina di Robiel con la fotoDurante la traversata ho conosciuto una ragazza etiope. Ci siamo innamorati. Sì, vi rendete conto, mi sono anche innamorato. Insieme abbiamo fatto tanti progetti mentre ci tenevamo per mano durante quel lungo viaggio in mare.

Un po’ di paura  c’era, ma si divide anche la paura, non solo i sogni.  Poi i centri di accoglienza, che di accoglienza hanno solo il nome. Pazienza.  Il tempo lì non passava mai. Finalmente erano pronti i documenti. Ho chiamato mia cugina che vive al nord. Mi ha accolto insieme alla sua famiglia. La mia ragazza, invece, è andata a Roma, in un altro centro. Ci siamo visti una sola volta nei 5 mesi trascorsi da mia cugina. Ci sentivamo sempre al telefono e insieme si continuava a sognare.

Un giorno ho deciso di andare in Francia, a trovare degli amici. Mi avevano parlato bene di quel paese. Dopo qualche giorno mi sono spostato a Calais. Di lì potevo andare in Inghilterra, da mio zio, fratello di mamma. Lavora lì da qualche anno. Sì, anche lui era scappato. Il paradiso Eritrea è diventato un inferno. Tutti se ne vanno. Ci sono rimasti solo i vecchi, quelli che avevano combattuto per la libertà. Ora loro e quei pochi giovani rimasti, sono prigionieri nel nostro stesso paese. Vi rendete conto ?

A Calais mi sono tuffato in mare. Era il 9 ottobre scorso, esattamente un mese fa, una brutta sera. Freddo e mare mosso. Mi hanno gettato una corda. Ricordo la disperazione e poi il nulla. Salutate mia mamma. Roberta e Cornelia vi racconteranno il resto della mia storia. So che scopriranno ciò che mi è successo.  Io ho una famiglia, Roberta ed i suoi amici che mi hanno cercato. Molti giovani annegano qui, restano senza nome, la loro tomba è il fondale del mare.  Io sono uno dei tanti, la mia è una storia nella storia, con la differenza che la mia sarà resa pubblica e finalmente il mondo saprà ciò che succede qui.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes
(1 – continua)

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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