Massimo A. Alberizzi
9 novembre 2013
Erano le 8 di sera di venerdì quando due bombe, una di minore intensità piazzata in un computer e la seconda ad alto potenziale in un’automobile assieme al terrorista suicida, sono esplose a Mogadiscio. Colpito l’hotel Maka al Mukarama, sull’omonima strada, di proprietà dell’ex presidente ad interim Ali Mahdi. Almeno sei morti (tra cui quattro poliziotti) e una ventina di feriti. Si tratta dell’ennesimo attentato ad opera degli Shebab, gli integralisti somali legati ad Al Qaeda.
Abdi Gurie, cognato di Ali Mahdi e gestore dell’albergo – contattato al telefono da Africa ExPress – ha raccontato che tra le persone uccise c’è Aldulkadir Aden Ali, un diplomatico somalo incaricato in particolare di tenere le relazioni tra il governo e la Gran Bretagna. Le esplosioni hanno sistrutto parecchie automobili e motociclette che sono andate bruciate.
“Il nostro obbiettivo è stato quello di colpire i poliziotti apostati e i loro ufficiali. E ci siamo riusciti”, ha rivendicato un portavoce degli shebab. Negli ultimi mesi il gruppo terrorista, cacciato da Mogadiscio nell’agosto del 2011, ha colpito gli uffici dell’Onu e alcuni ristoranti. L’obbiettivo è far deragliare il processo di pace e la ricostruzione del Paese.
Ali Mahdi è stato presidente ad interim subito dopo la rivolta contro Siad Barre nel gennaio 1991. Comunque non è riuscito mai a governare. La sua leadership fu contrastata a nord dal Somali National Movement, che dichiarò la secessione del Somaliland, e nella stessa Mogadiscio dal Generale Mohammed Farah Aidid, dichiarato anche lui presidente. Entrambi appartenenti alla grande tribù awiya, Ali Mahadi del sottogruppo abgal, mentre Aidid dell’habergidir. Aidid è morto, ucciso da una pallottola durante una battaglia, mentre Ali Mahdi è ancora in vita ma con un ruolo marginale nella vita politica somala.
Durante le varie guerre che si sono succedute a Mogadiscio, l’hotel Maka al Mukarama, che era stato costruito negli anni ’80, era stato quasi completamente distrutto dai bombardamenti e saccheggiato. Situato ai margini di un quartiere che era stato soprannominato “Bermuda”, perché come nel famoso triangolo caraibico chi entrava rischiava di non uscirci più, il palazzo, ancorché orribilmente mutilato dai colpi, era diventato inaccessibile. E’ stato rimesso in sesto e ristrutturato ultimamente e riaperto al pubblico. Il bar e il ristorante è frequentato soprattutto da politici e funzionari governativi. Forse gli shebab , attaccandolo, speravano di fare vittime più illustri.
Massimo A. Alberizzi
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