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Per le vittime di Lampedusa lutto nazionale in Mauritania, da dove partono i migranti per l’Europa

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Carla L. Leone
Nouakchott, 2 novembre 2013
In seguito alla tragedia di Lampedusa del 3 Ottobre scorso, il presidente della Repubblica Islamica Mauritana, Mohamed Ould Abdel Aziz, ha indetto una giornata di lutto nazionale prevista per domani 3 Novembre. La “morte di viaggio” è un tema che tocca molto da vicino gli abitanti di questa regione del Sahel, tanto che, a poche settimane dalle elezioni, le opposizioni non mancano di rimproverare al presidente questo annuncio decisamente tardivo e giunto proprio nel pieno della campagna elettorale.

La Mauritania è sempre più spesso punto di partenza di flussi migratori verso l’Europa. Nouadhibou, la seconda città del paese dopo la capitale Nouakchott, è indicata dalla stampa francofona come “le chief-lieu de l’émigration sauvage”, il capoluogo dell’emigrazione selvaggia. Lunghe piroghe blu, imbarcazioni tipiche mauritane, cariche di migranti partono ogni giorno dal porto di Nouadhibou per fare tappa nelle isole spagnole delle Canarie e proseguire poi verso altre destinazioni. Molti sono i complici del traffico di uomini, dai pescatori alla géndarmerie, la polizia militare.

Nouadhibou è considerata la capitale economica della Mauritania. Il pesce è la ricchezza principale tanto che Nouadhibou ha tolto a Nouakchott il primato di maggiore porto di pesca del paese. Ma stando a quel che si mormora tra i suoi abitanti, quello dell’immigrazione clandestina rappresenta un business addirittura equiparabile a quello della pesca.

Tutto comincia nel 2005, quando l’Unione Europea introduce nuove draconiane misure per limitare i flussi migratori, provenienti soprattutto da Marocco e Nord Africa. I migranti sono costretti ad adattarsi alla nuova situazione e trovare nuove strade per raggiungere la “Fortezza Europa”. Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 2005, undici persone muoiono sotto il fuoco delle forze dell’ordine spagnole e marocchine mentre attraversano le recinzioni delle enclavi spagnole di Ceuta e Melilia in Marocco. Seguono diversi arresti di massa e respingimenti in Algeria e sullo stretto di Gibilterra. Ma quando alcuni confini si chiudono, altri se ne aprono.

Nello stesso periodo si inaugura, infatti, la nuova strada asfaltata che collega Nouakchott a Nouadhibou. La città portuale mauritana comincia così a diventare il punto di partenza di una nuova rotta: quella verso le isole Canarie, distanti 750 chilometri. Una navigazione di circa due o tre giorni. Fra i migranti di origine senegalese celebre è il motto “Barca ou Barsak”, “Barcellona o Morte”.

La Mauritania è una terra di passaggio dove l’incanto dimesso delle moschee maghrebine sfuma nei colori vivaci dell’Africa nera. Sebbene il transito verso l’Europa sia il più discusso, la Mauritania è crocevia di migrazioni che riguardano tutta l’area occidentale del Sahel, in particolare Mali e Senegal.

Nel 2006 un’antica scuola di Nouadhibou è stata riconvertita in centro di detenzione per immigrati clandestini. Gli abitanti la chiamano “Guantanamito”. Amnesty International ha più volte denunciato le condizioni di detenzione disumane, gli arresti brutali e la mancanza di ricorsi legali per i detenuti di Guantanamito.

Benché con un mese di ritardo, la giornata di lutto nazionale indetta dal presidente ha riacceso i riflettori sul porto di Nouadhibou. Pescatori e passanti sono restii a chiacchierare con noi. Di notte, mentre le piroghe ondeggiano sul mare a ritmo con il riflesso della luna, un pescatore ci concede un brontolio frettoloso: “Ci sono sempre così tante persone pronte a partire a tutti i costi. I respingimenti, la morte.. questo non cambia niente. Perché ognuno pensa di avere diritto di andare a trovare il suo posto”.

Carla L. Leone
carlalucialeone@hotmail.com
twitter @carlalucialeone

Nelle foto il presidente Mohammed Ould Abdel Aziz e, più in basso, un campo profughi in Mauritania

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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