21 ottobre 2013
Le autorità hanno cercato di negarlo fino alla fine, si sono difese sostenendo che era stata lanciata un’inchiesta interna, che se saccheggi erano stati, si trattava di episodi isolati. Ma le telecamere della televisione interna al Westgate, il centro commerciale di Nairobi, assalito il 21 settembre, hanno svelato le responsabilità delle forze dell’ordine.
I fotogrammi mostrano alcuni militari che escono dal supermercato Nakumatt con sacchetti di plastica bianchi pieni, un soldato si avvicina dal negozio di telefonini e si serve abbondantemente.
Nei supermercati Nakumatt si vende di tutto: cibo, bevande, elettrodomestici, vestiti, mobili e quant’altro.
In quel supermercato, io ci sono entrato poche ore dopo quei soldati, la puzza di cadavere era nauseabonda, aveva impregnato tutto. In altre immagini riprese da quella stessa telecamera e pubblicate anche da Africa-ExPress, si vedono i terroristi shebab, che hanno rivendicato l’attacco, ammazzare a sangue freddo uno dei clienti che già ferito, trascinandosi, cercava di mettersi in salvo. I saccheggiatori sembrano incuranti della pozza di sangue lasciata da quell’uomo e la calpestano con le loro borse bianche cariche del bottino appena conquistato.
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Domenica il quotidiano più diffuso in Kenya, The Nation, ha titolato in prima pagina: “Shame of soldiers looting Westgate”, cioè la vergogna dei soldati che hanno saccheggiato il Westgate.
Per domare i terroristi le forze dell’ordine keniote hanno impiegato quattro giorni Il centro commerciale è stato in gran parte distrutto. Un parcheggio sul terrazzo è crollato su una parte del supermercato. Chi l’ha fatto schiantare? La polizia dice i terroristi; ma l’opinione pubblica keniota, di cui i giornali dovrebbero essere espressione, accusa la polizia, che avrebbe rovesciato le macerie su un gruppetto di shebab che si era asserragliato in fondo a Nakumatt.
Le autorità keniote hanno anche annunciato di aver recuperato un cadavere che, presumibilmente “appartiene a un quarto terrorista”, come ha spiegato il ministro degli Interni, Joseph Ole Lenku. Il ministro in queste ore è divenuto celebre per i suoi annunci contraddittori che, se non ci fosse da piangere per la tragedia, sarebbero esilaranti. “Le analisi del DNA e altre indagini confermeranno la loro identità . Abbiamo anche recuperato quattro fucili d’assalto AK47 che sappiamo sono stati utilizzati dai terroristi nell’assalto, undici caricatori pieni di munizioni”, ha raccontato.
Le autorità hanno sempre parlato di quattro terroristi, ma sembra francamente impossibile. A provocare il pandemonio quel sabato 21 settembre sembra siano stati almeno una ventina di dinamitardi.
La scorsa settimana, il programma Newsnight della BBC ha rivelato che uno dei sospetti attentatori, riconosciuto dalle immagini delle telecamere di sicurezza è il 23enne Hassan Abdi Dhuhulow, somalo cresciuto in Norvegia. La sua famiglia era fuggita in Norvegia nel 1990 ma lui è tornato in Somalia nel 2009 e si è arruolato negli shabab.
Fonti del gruppo somalo hanno rivelato alla BBC che Dhuhulow ha frequentato un campo di addestramento a El Bur nella Somalia centrale e dopo ha partecipato a parecchie operazioni militari a Mogadiscio e Chisimaio.
Massimo A. Alberizzi
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