DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
Nairobi, 5 ottobre 2013
Blitz americano all’alba contro una base degli shebab a Brava, una città a 120 chilometri a sud di Mogadiscio. I dettagli non sono ancora ben chiari, secondo le prime informazioni obbiettivo dell’attacco, la cattura di uno dei leader non somalo di Al Qaeda o forse addirittura il capo degli shebab, Ahmed Abdi Godane. Gli shebab, parola che in arabo significa gioventù, hanno rivendicato l’assalto del 21 settembre scorso contro il centro commerciale Westgate di Nairobi che ha provocato oltre un centinaio di morti.
I Navy Seals, cioè incursori di marina, sono arrivati alle 2 del mattino su gommoni partiti da una nave da guerra americana che incrocia davanti alle coste somale. A qualche centinaio di metri dalla riva hanno spento i motori in modo tale da piombare all’improvviso nella città portuale addormentata, prima della preghiera mattutina. Hanno raggiunto la casa dove abita l’uomo che volevano catturare, ma a questo punto le guardie, si sono svegliate ed è cominciata una feroce battaglia. Sono anche intervenuti gli elicotteri, forse due.
A Brava gli shebab hanno una base assai importante. Nella città c’è un piccolo porto utilizzato per il rifornimento di armi e materiali. Un portavoce ha raccontato che un combattente islamici è stato ucciso e altri sono stati feriti. Lo sceicco Abdulaziz Abu Musab, orgogliosamente ha sostenuto: “Abbiamo respinto l’attacco dei soldati bianchi infedeli che hanno fallito la loro missione”.
Secondo Abdulaziz Abu Musab, non sono stati gli americani a organizzare l’operazione ma britannici e turchi. L’informazione non è stata confermata da fonti indipendenti.
Non è la prima volta che gli americani attaccano Brava. Nel settembre 2009 hanno organizzato un raid per catturare Saleh Ali Saleh Nabhan, ricercato con una taglia di 25 milioni di dollari per l’attentato contro le ambasciate di Nairobi e Dar Es Salaam del 1998. Anche quell’azione è coperta da uno strettissimo segreto. Si sa solo Nabhan fu ucciso e il suo corpo portato a bordo di una nave americana.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
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