Speciale per Africa ExPress
Piermario Puliti
Milano, 28 settembre 2013
Il 18 Settembre del 2001 quando l’allora ministro delle Risorse Marine Petros Solomon venne arrestato, insieme ad altri suoi colleghi e alti funzionari del governo Eritreo, sua moglie Aster Yohannes si trovava negli Stati Uniti, per un corso di studi a Phoenix. Le venne soltanto comunicato l’annullamento del passaporto diplomatico in suo possesso.
Trascorsi due anni dall’arresto del marito cercò di trovare il modo per farsi raggiungere dai quattro figli piccoli che nel frattempo vivevano ad Asmara, nella casa della nonna paterna molto anziana.
Tutti i tentativi per ottenere il ricongiungimento con i figli minori fu reso vano dal rifiuto del regime eritreo di rilasciare i documenti necessari per l’espatrio negli USA.
Ebbi modo di sentirla per telefono durante un mio breve soggiorno in Canada. Mi disse di aver parlato prima con l’Ambasciatore Ghirmai e poi con lo stesso Isayas che confermandole l’impossibilità di poter far uscire i figli dal Paese, in conformità con le leggi vigenti, le assicuravano l’assoluta libertà di poter andare a riabbracciare i figli in Eritrea.
Le consigliai di non fidarsi perché dopo tanti anni trascorsi in Eritrea avevo imparato a conoscere quello di cui erano capaci gli uomini di regime. Sembrò tuttavia decisa a partire e mi disse che sarebbe andata a ritirare il nuovo passaporto e il visto, obbligatorio per gli eritrei residenti all’estero.
L’11 dicembre del 2003 partì alla volta di Asmara. L’aereo sul quale viaggiava in compagnia di un giornalista della BBC atterrò all’aeroporto la sera stessa. Una volta scesa dall’aereo trovò gli uomini della sicurezza ad attenderla ed ebbe solo il tempo di gridare al giornalista che l’accompagnava: “dica al mondo che sono stata arrestata”.
La madre, la suocera e i quattro figli piccoli l’hanno attesa invano fuori dell’aeroporto, fino a notte fonda quando i militari gli hanno consegnato le valige. Si era trattato di una trappola, di uno squallido trucco del regime eritreo.
Venni a sapere dell’avvenuto arresto soltanto il giorno seguente.
Dal quel momento di Aster Yohannes si sono perse le tracce. Sappiamo che è rimasta a lungo nella prigione centrale di Asmara, chiamata la numero uno. Sappiamo che circa tre anni fa era stata ricoverata in ospedale per problemi di salute.
Come suo marito, infatti, non è mai stata processata e non ha mai potuto difendersi dalle false accuse del regime eritreo.
Nonostante la dittatura abbia sperato che il mondo potesse scordarsi di lei e di suo marito questo non è mai avvenuto. Aster è stata nominata da Amnesty International donna simbolo di tutte le donne imprigionate per le proprie idee ed oggi esiste un’associazione che porta il suo nome e conta più di 40.000 iscritti in tutto il mondo.
Tra poche settimane saranno trascorsi 10 anni dal giorno del suo arresto. Io ed altre migliaia di persone non la dimenticheremo.
Piero Mario Puliti
Nelle foto: Aster e Petros, Aster e infine Petros
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