DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
MOGADISCIO – Due esplosioni e una violenta sparatoria. Gli shabab hanno colpito ancora una volta nel cuore di Mogadiscio. Il bollettino ufficiale parla di un quattordici morti, ma Yussuf Hassan, lo stringer di Africa ExPress che si è precipitato sul posto, parla di un bilancio ben più alto. L’attacco è stato condotto vicino al Teatro Nazionale a meno di mezzo chilometro da Villa Somalia sede della presidenza della Repubblica, da un terrorista che indossava una divisa da poliziotto.
Ha parcheggiato l’auto su cui viaggiava imbottita di tritolo nel posteggio del ristorante The Village. Poco dopo essere sceso l’ha fatta esplodere con un comando a distanza. Quindi, imbracciato il mitra ha urlato alla gente che passava di allontanarsi e ha aperto il fuoco a raffica sugli avventori, tutti civili. Gli ha risposto la sicurezza del locale che l’ha abbattuto ma, all’arrivo dei rinforzi, è esplosa una seconda bomba, probabilmente comandata a distanza da un altro terrorista. Alcuni di quelli che cercavano di prestare soccorso ai feriti dal primo ordigno sono stati falciati.
Una tecnica cinica questa, seguita da molto terroristi. Si lancia un missile o si fa esplodere una granata e, quando arrivano i soccorsi, si fa seguire un secondo attentato. L’hanno usata spesso i mujaheddin afghani per far fuori diecine di ignari innocenti.
Con un twitter gli shebab, il movimento integralista somalo, hanno rivendicato (anche se non direttamente per non incorrere nella chiusura del loro account per incitazione alla violenza) l’azione: “Il bersaglio – c’è scritto nel loro messaggio – è un ristorante frequentato da funzionari della sicurezza corrotti: una cena di 30 dollari in Somalia merita un’esplosione!” Effettivamente i ristoranti in di Mogadiscio hanno prezzi assurdi che la normale popolazione locale non può permettersi. Sono infatti frequentati da funzionari dei governo o alti ufficiali dell’esercito.
Il ristorante, di proprietà di un uomo d’affari somalo rientrato in patria dall’Inghilterra nel 2008, Ahmed Jama, è stato già obbiettivo di un attentato terroristico il 20 settembre dell’anno scorso. Due terroristi si fecero saltare in aria. I morti furono 14. Il 3 novembre un altro ristorante con lo stesso nome, The Village, nel distretto di Hodan della città, era stato attaccato, ma le guardie avevano fermato i kamikaze prima che entrassero in sala. L’attentato aveva quindi provocato solo un morto.
L’attentato è stato organizzato durante la visita a Mogadiscio di Ahmed Islam Madobe, il presidente del Jubaland, la regione del sud della Somalia ai confini con il Kenya, che ha dichiarato una semiautonomia. Recentemente il Jubaland ha raggiunto un accordo con il governo Federale Somalo di cui ha accattato di far parte.
Madobe ha un passato piuttosto “movimentato”. E’ stato leader della “Brigata Ras Kiamboni”, una delle milizie più rigide e oltranziste dispiegata ai confini con il Kenya, alleata in un primo tempo con il gruppo Hizbul Islam, guidato da Shek Hassan Daher Aweys, uno dei leader storici del’islamismo somalo. Si è associato poi con gli shebab che nel sud della Somalia erano guidati da Hassan Turki, uno dei sostenitori dei legami con Al Qaeda. Infine ha rotto anche con loro e si è riappacificato con Aweys.
Il Ras Kiamboni Movement è noto anche per un attacco, 12 settembre 2011, ad un’anziana coppia di turisti britannici in vacanza a Kiwayu, una splendida isola keniota poco lontana dai confini con la Somalia. Il marito, che aveva tentato di opporre resistenza e difendere la moglie, era stato ucciso, la donna rapita e rilasciata nel marzo successivo.
Madobe, dopo essere stato catturato e ferito dagli etiopi durante una delle incursioni militari lanciate da Addis Abeba in Somalia, imprigionato nella capitale etiopica e rilasciato dopo aver fatto autocritica, ora si è schierato con il governo federale di cui riconosce l’autorità.
Il 28 agosto scorso, dopo lunghi e intensi colloqui, Jubaland e governo federale hanno raggiunto un accordo che prevede, tra l’altro, il rispetto della Costituzione Federale e dell’integrità della Somalia e la lotta contro gli shebab. Oggi, quando ci sono state le esplosioni, era a Mogadiscio per mettere a punto i dettagli dell’accordo. E per incontrare Shek Hassan Daher Aweys, suo vecchio amico arrestato qualche settimana fa mentre stava scappando da Brava dove rischiava di essere ammazzato in una faida interna tra integralisti.
Aweys ha sempre rifiutato non solo l’alleanza con Al Qaeda, ma anche l’intrusione di combattenti stranieri nelle file degli islamici. Probabilmente Madobe ha chiesto all’antico alleato di rinunciare alla lotta armata e di unirsi anche lui al governo federale.
Massimo A. Alberizzi
twitter @malberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
Nelle foto due immagini del ristorante devastato. Poi Shek Ahmed Islam Madobe e ancora più in basso Shek Hassan Daher Aweys
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