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Mogadiscio, la ricostruzione passa per l’Unione Europea

DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE

MOGADISCIO – L’Italia funziona, funziona eccome, anche se il Paese non lo sa, il governo probabilmente lo ignora e preferisce dilettarsi a parlare dei problemi (e del gossip) della politica piuttosto che occuparsi dei successi in campo internazionale. In Somalia i soldati italiani sono tornati alla grande, dopo la missione UNOSOM degli anni ’90 (fallita non certamente per colpa nostra), occupano posti importanti e soprattutto giocano finalmente un ruolo rilevante in seno all’Europa. Un ruolo di pace e non di guerra.

Il delegato (cioè l’ambasciatore) dell’Unione per la Somalia è l’italiano Michele Cervone d’Urso, lunga esperienza a Bruxelles nell’ufficio che si occupa di Corno d’Africa, e poi un mandato in Yemen dove un paio di anni fa (durante la locale primavera araba) ha tenuto aperto il suo ufficio nonostante quasi tutti gli altri ambasciatori avessero preferito per motivi di sicurezza, temendo la guerra civile, chiudere baracca e burattini e lasciare il Paese.

Ora Cervone è impegnato negli sforzi dell’Europa di ricostruire la Somalia che sta faticosamente uscendo da oltre vent’anni di guerra e violenze generalizzate. “Tra mille difficoltà e con mille problemi il governo somalo sta cercando lentamente di tornare alla legalità. Noi siamo qui per aiutarlo e evitare che la Somalia ripiombi nel caos. La ricostruzione è cominciata e mi pare che ci sia una volontà dei somali di scrollarsi di dosso il passato”.

Quello che impressiona a Mogadiscio è la presenza di numerosi cantieri. Quasi tutti i palazzi della capitale sono stati sventrati dalle bombe, ma molti sono in fase di ricostruzione; nascono nuovi alberghi e ristoranti. Persino al Lido, e nonostante la presenza di pescecani, la gente ricomincia a fare il bagno. Si gusta il ritorno alla vita dopo l’oscurità della notte imposta dal pugno di ferro del regime degli shebab, i fondamentalisti islamici somali. Il progresso non si può fermare, al massimo, come hanno fatto gli integralisti, si può rallentare, ma dopo la sosta riparte ancora più robusto di prima. Così a Mogadiscio ora ci si ubriaca di quella musica bandita dalla mano islamica, le televisioni trasmetto soap opere americane e parecchie donne si sono tolte il burqa. La paura, insomma, sembra lontana.

In ritirata anche i pirati che nella prima metà dell’anno in corso hanno ridotto gli attacchi, anche grazie alla presenza nelle acque dell’Oceano Indiano delle navi da guerra della missione europea Atalanta. “In questo momento sotto sequestro da parte dei bucanieri somali una sola nave, la Naham III, battente bandiere omanita, e una cinquantina di ostaggi”, ha spiegato durante una visita alla nave ammiraglia della missione, l’olandese Johan De Witt, il commodoro Peter W. Lenselink.

Gli ha fatto eco il comandante dell’ Anti-Piracy Task Force, Muhiyadin Ali Yusuf, il quale ha assicurato che nessuna nave è stata catturata dai pirati negli ultimi 15 mesi.

A bordo della nave militare olandese, anche il presidente somalo, Hassan Shek Mohamud, che ha avuto parole di ringraziamento per quello che sta facendo l’Europa per il suo Paese. “Abbiamo ancora grandi difficoltà – ha ammesso in un’intervista esclusiva con Africa Express – e la minaccia islamica è ancora presente. Dobbiamo trovare un mestiere per i giovani, altrimenti l’unica possibilità che hanno di lavorare è arruolarsi in qualche milizia. Ci sono ancora molti terroristi stranieri. Solitamente occupano posizioni di rilievo, sono comandanti, istruttori o si dedicano all’indottrinamento dei giovani. Questi devono smetterla di interferire negli affari somali e tornare a casa loro”.

L’impegno dell’Unione Europea in Somalia non è solo sul piano degli aiuti economici e umanitari ma si sviluppa anche nell’ambito della diplomazia interna. Nel Paese giocano ancora un ruolo rilevante i rapporti tra le varie tribù e sono presenti forti tensioni. Pochi giorni fa il governo federale ha raggiunto – anche grazie alla mediazione europea – un accordo di pace con i leader del Jubaland, una regione del sud della Somalia con capitale l’importante porto di Kisimaio. A nord, peraltro, sono sempre forti le frizioni con il Puntland, altro stato definito “semiautonomo” ma in realtà con pochissimi legami con Mogadiscio. Michele Cervone e il suo team stanno operando per cercare una mediazione. Il Puntland accusa il governo federale di non voler mantenere le promesse di larga autonomia previste dalla Costituzione e ha chiuso – per ora, almeno si spera – ogni rapporto di collaborazione con il governo federale.

Sul tavolo anche i rapporti tra ex colonia italiana e il Somaliland, il vecchio territorio che fino al 1960 era sotto tutela britannica, che dal 1991 ha proclamato l’indipendenza cui non intende rinunciare.

Massimo A. Alberizzi
twitter @malberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com

Nella foto in alto il presidente della Somalia Hassan Shek Mohamud (in centro con la camicia scura) seduto al tavolo riunioni della nave olandese. Sopra di lui i loghi della missioni dell’Unione Europea nel Corno d’Africa. Più in basso il presidente in mezzo al delegato della UE Michele Cervone d’Urso (a sinistra) e al capo della missione Nestor,  il francese Etienne de Poncin. Poi il presidente somalo sulla tolda della nave accolto dagli ufficiali olandesi e infine un militare di vedetta.

 

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maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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