Con l’Egitto diviso in due poli opposti in un clima sempre più teso, un nuovo movimento sta crescendo, e si professa contrario a entrambi gli schieramenti
di Leonardo Goi
Il mio primo incontro con Third Square, la Terza Piazza, risale a Sabato 27 Luglio, il giorno in cui il Cairo si svegliò contando i morti negli scontri tra la Fratellanza Musulmana e le forze armate a Rabaa al-Adawiya. Mentre il giorno prima alla TV l’attenzione si spostava dalla sbornia pro-Esercito di Tahrir alle reazioni tra i sit-in pro-Morsi, su internet qualcuno aveva iniziato a parlare di una piazza che rifiutava entrambi gli schieramenti.
Un manipolo di manifestanti aveva preso possesso delle aiuole di Piazza della Sfinge, nel distretto di Mohandessin, sulla riva sinistra del Nilo, e lì era rimasto a far sentire la propria voce. I pochi articoli su internet parlavano di un piccolo gruppo di persone, che si professava contrario al “colpo di stato” del 30 Giugno e il dogmatismo di Morsi e la Fratellanza.
Il giorno dopo decido di visitare Piazza della Sfinge per cercare di capirne di più. Non trovo nessuno. La piazza è una lingua d’erba gialla e cemento ai piedi del ponte 15 Maggio che allaccia la riva destra del Nilo all’isola di Zamalek. Cerco indizi della protesta e trovo i volantini lasciati dal giorno prima. “Siamo gli Egiziani che hanno protestato contro la corruzione di Mubarak, contro le violenze del Consiglio Supremo delle Forze Armate durante il periodo di transizione post-rivoluzionario, e contro Morsi e il fascismo religioso per domandare elezioni anticipate”.
Per un paese spaccato in due e che ora gravita su due poli opposti, l’idea di un’alternativa, di una terza opzione, funge da valvola di sfogo per il numero sempre maggiore di coloro che non si riconoscono nell’isteria collettiva per le forze armate del Colonnello El-Sisi o nel fanatismo dei Fratelli Musulmani. Third Square ha una pagina su Facebook, il nome inizia a rimbalzare a più riprese su twitter. La prossima protesta è in programma Martedì.
Così dopo il primo tentativo fallito, alle 10 di sera di Martedì 20 Agosto sono su un taxi in direzione Piazza della Sfinge. Quando scendo qualche centinaio di persone ha già assediato la piazza e si prepara a marciare verso Sud. Iniziano a muoversi, i passi sono scanditi dai canti presi in prestito agli ultrà e modificati per l’occasione. “Libertà!” scuote i negozi e i caffé lungo il viale Gameat al Dewal al Arabeya. Non c’è una singola icona del colonnello El-Sisi. Non una foto di Morsi. Tra le prime file si alzano i ritratti dei martiri della rivoluzione del Gennaio 2011, dipinti sulle bandiere dei manifestanti. Raggiunta una zona franca nel cuore del viale, la marcia si ferma.
“Non siamo un partito, siamo un movimento, un gruppo di persone stanche di dover scegliere tra il male e il peggio. Non esiste solo l’Esercito o la Fratellanza. Ci sono altre opzioni, e se i nostri leader politici non mantengono le loro promesse allora di loro non abbiamo bisogno.” Shadi Galal è uno dei portavoce della Terza Piazza. Mi dice che la protesta sta crescendo, marcia dopo marcia.
Mi guardo attorno. Stretti gli uni attorno agli altri ci sono islamisti e liberali, per lo più giovani, e di estrazione sociale diversa. Quando chiedo a Shadi come si spiega la ragione della diversità di orientamento politico tra coloro che hanno scelto di abbracciare il movimento, lui sorride. “Stiamo parlando di diritti. E quando parli di diritti la cosa non è mai prerogativa di un singolo gruppo”.
Poco più in avanti incontro Ahmed El Gindy, un giovane che si definisce un rivoluzionario Islamico. Come a tutti, gli chiedo che cosa l’ha spinto a unirsi alla Terza Piazza. “Appartengo alla Rivoluzione, a quel genere di lotta comune contro la brutalità del sistema. E sono contro all’Islamismo della Fratellanza, e a favore di un Islamismo rivoluzionario, una forza capace di andare oltre i dogmi del capitalismo, del comunismo. La vera Rivoluzione sta qui”.
Shadi mi presenta Ahmed Nasser, un altro militante, e con lui parlo mentre a mezzanotte e mezza la gente inizia a lasciare la piazza, a piccoli gruppi. “Stiamo cercando di trovare un nuovo posto. Proporre una cosa che ci rappresenti. Rispettiamo la volontà di chi è sceso il 30 Giugno a protestare contro il regime teocratico dei Fratelli Musulmani, ma siamo contro al ritorno di uno stato-militare in nome di una presunta guerra al terrorismo”.
“Sono sceso in piazza nella Rivoluzione del 2011. E queste sono le stesse dinamiche di allora. Un piccolo gruppo di persone che all’inizio fu ignorato dalla maggior parte degli Egiziani, e che poi divenne la Rivoluzione. La Terza Piazza è un bambino rinato. E che ora si oppone a ogni forma di dittatura”.
Leonardo Goi
Le foto della Terza Piazza sono di Kim Wilkinson
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