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Ancora bloccata in Egitto la missione umanitaria diretta nel Sinai

Sono passati 25 giorni da quando i cinque volontari italiani dell’associazione Music for Peace sono arrivati in Egitto, diretti a Gaza con un convoglio umanitario, ma le difficoltà burocratiche imposte dalle autorità egiziane li tengono ancora ad Alessandria, impossibilitati ad iniziare la missione. L’Egitto doveva essere un punto di passaggio per portare un carico di aiuti raccolti in Italia per la popolazione della Striscia di Gaza, ma si è rivelato un labirinto burocratico nel quale emergono ogni giorno nuovi ostacoli. Fermati inizialmente dagli scontri di piazza tra sostenitori e oppositori del governo Morsi, aspettano da tre settimane il lasciapassare per la Penisola del Sinai, da cui raggiungeranno il valico di Rafah.

Il Ministero degli Esteri egiziano alcuni giorni fa aveva concesso l’autorizzazione al transito per tutto il materiale trasportato ad eccezione della macchina, una Mercedes, nonostante anche l’Ambasciata italiana avesse segnalato che si tratta di parte integrante del convoglio.

Le difficoltà istituzionali sembravano dunque in via di risoluzione, ma restano ancora aperte le questioni relative al passaggio del carico, da discutere con la dogana e le agenzie private. La dogana, infatti, vista la pericolosità della penisola del Sinai, ha imposto che un addetto ai servizi del porto e della dogana scorti la carovana e sia responsabile del contenuto, valutato dalle autorità egiziane 300mila pound, oltre 32mila euro. In queste condizioni diventa quindi molto difficile trovare una persona che se ne assuma la responsabilità.

Stefano Rebora, Valentina Gallo, Claudia d’Intino, Alvaro Gando Saenz e Sandra Vernocchi rifiutano gli inviti delle autorità italiane a rinunciare alla missione, perché tornare indietro significherebbe la distruzione totale del carico. Ostinati ad iniziare la missione, si spostano da un ufficio all’altro della città egiziana per ottenere tutti i permessi necessari, che aumentano di giorno in giorno. Lo stallo burocratico è reso ancora più difficile dal Ramadan, che impone la chiusura anticipata di tutti i servizi.

La missione a Gaza è la quinta per l’associazione genovese, fondata da Stefano Rebora, direttore artistico di locali notturni che nel 1994 decide di sfruttare la sua esperienza professionale per unirla al progetto di avvicinare concretamente i giovani ai temi umanitari attraverso la musica. I festival musicali organizzati da Music for Peace sono ispirati alla politica dello scambio: in cambio della loro partecipazione, gli artisti si esibiscono davanti ad un grande pubblico e diventano sponsor dei progetti.

Al pubblico invece non si richiede il classico biglietto, ma un’offerta spontanea in denaro, beni alimentari o di prima necessità, medicine. Oggi, quindi, per gli operatori, rinunciare alla missione significherebbe vedere il lavoro, le energie e la generosità di chi ha partecipato, persi nell’indifferenza della burocrazia.

Federica C. Delogu
federicachiara.delogu@gmail.com

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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