Il 26 aprile 2001 ho pubblicato questo articolo sul Corriere della Sera. Si parla anche degli sporchi traffici di Nursultan Nazerbayev, il dittatore del Kazakistan che ha esercitato pressioni sull’Italia perché rispedisse in patria Alma Shalabayeva la moglie dissidente Mukhtar Ablyazov, e la loro figlia Alua. Nazarbayev è accusato dei traffici più illeciti in una zona in guerra da una ventina d’anni. Nell’est del Congo si aggirano milizie e uomini armati di ogni genere, anche “guardie di sicurezza” che parlano inglese con accento russo e hanno gli occhi a mandorla. Controllano i luoghi dove ci sono le miniere in concessione ai magnati ex sovietici, tra cui il dittatore Nazarbayev.
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
MASSIMO A. ALBERIZZI
BUTEMBO, (CONGO-K), 26 APRILE 2001
Aziza Kulsum, meglio conosciuta come Madame Gulamali, non è una donna qualunque. Il suo nome non compare nel Guinness dei primati, eppure in molti la indicano come la donna più ricca di tutta l’ Africa e in buona posizione anche per quel che riguarda la classifica mondiale. Fino a meno di un mese fa Aziza, padre greco, passaporto americano, congolese di nazionalità, gestiva in regime di monopolio per conto del governo ruandese il commercio del Coltan, il minerale costituito da ossidi di tantalio e di niobio, diventato ricercatissimo sui mercati internazionali.
Il Coltan viene estratto nelle zone della Repubblica Democratica del Congo controllate dai ribelli. Il contratto di Madame Gulamali prevedeva un’ esportazione di 100 tonnellate al mese, tassate 10 dollari al chilo, dunque un introito per le casse dei guerriglieri di un milione di dollari al mese. Non c’ è male, per finanziare un conflitto il cui compiuto primario è quello di arricchire i suoi principali registi. Gli introiti della donna sono valutati almeno il doppio.
Dal 1998 il Congo è sconvolto da una feroce guerra civile che ha finora provocato almeno 100 mila morti. Il governo di Kinshasa, sostenuto dai soldati di Zimbabwe, Angola e Namibia, controlla la metà del territorio, compresi il Kasai (ricchissimo in diamanti) e il Katanga (oro, uranio, rame e altri minerali preziosi). I ribelli, divisi in due fazioni, governano gli altri due terzi. A nord-est c’ è il Fronte di Liberazione del Congo di Jeanne-Pierre Bemba, sostenuto dagli ugandesi, a sud est-comanda, grazie ai militari ruandesi, l’ Raggruppamento Congolese per la Democrazia, di Adolphe Onusomba. Governo e ribelli non durerebbero un giorno se dovessero essere abbandonati dai rispettivi alleati. Il Paese, dunque, è occupato dalle forze straniere, il cui compito principale è permettere lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali del territorio. Pochi i congolesi che partecipano al banchetto: un po’ di ministri, le grandi famiglie di Kinshasa e qualche capo ribelle, oltre naturalmente a Mademe Gulamali. Neanche ai tempi di Leopoldo II gli stranieri si erano dedicati a un saccheggio così meticoloso.
Raggiungere la miniera è complicato ma non impossibile. In realtà si tratta di giacimenti a cielo aperto. Immense pietraie scure brulicano di disperati cotti dal sole tropicale che frantumano a martellate rocce e sassi fino a ridurli in polvere. Coprono poi tutto con acqua e nel fango, a colpi di vanga, separano il Coltan, molto pesante, dal resto. Lavorano tutto il giorno e al tramonto stivano il loro bottino in sacchetti di plastica, si caricano come muli, fino all’ impossibile, e lo portano a piedi a Butembo, 60 chilometri più a sud. Lì lo vendono ai commercianti a 10, 20, massimo 30 dollari al chilo e tornano a scavare. «Qui tutte le famiglie vivono sul Coltan – spiega Leonard Namegabe, uno dei numerosi trafficanti di Butembo -. Ora è diventato più redditizio dell’ oro».
Dove vada a finire il minerale estratto in Congo, non è ben chiaro. E’ difficile seguirne le tracce. A Butembo ci sono cinque compagnie che lo comprano dai minatori e sono tutte nelle mani di cittadini dell’ ex Unione Sovietica: russi, kazaki, uzbeki. Anatoly lavora in una di queste, la Conmet. Non parla una parola di inglese e durante un’ intervista si fa aiutare dal figlio Ulad.
Risponde alle domande con cortesia ma evasivamente. Non vuol dire il suo cognome, né chi siano i soci della Conmet: «Appartiene alla Kullinan Finance Investment, una società ugandese», si limita a dire. «Vendiamo al Sudafrica, al Kazakhstan e alla Germania». Quanto? «Una cinquantina di tonnellate al mese». Inutile chiedergli quanti siano i minatori che lavorano per loro. Nel Congo dal cuore di tenebra non ci sono né dati né censimenti. Ma se il Coltan è un materiale strategico è mai possibile che faccia perdere le sue tracce così? E poi: se il tantalio si usa in dosi infinitesimali negli apparati elettronici come mai dal Congo ne vengono esportate decine di tonnellate?
Un filone di vendita è stato identificato in Germania. Come scrive la rivista Africa Intelligence, a comprarlo sarebbero la H.C. Starck, una filiale della Bayer, la Kraft e la Carter Trade Handels und Seafood, di Amburgo che si rifornisce attraverso una joint venture che opera nel settore della pesca in Uganda. I dirigenti delle tre società, intervistati dal giornale tedesco Tageszeitung, hanno detto di non rifornirsi «direttamente» in Africa centrale. Indirettamente sì, dunque.
Secondo alcune investigazioni condotte da Tim Raeymaekers del giornale belga on line MaoMagazine, nel traffico di Coltan è coinvolto Nursultan Nazarbaev, il presidente del Kazakhstan, e intimo di Vitaly Mette, suo ex vice primo ministro e principale socio della Ulba, la società che raffina e arricchisce uranio nell’ ex Paese sovietico.
A Kigali si è installato un agente di Mette, lo svizzero tedesco Chris Huber, direttore della Finmining, società partner della Ulba. Ma non solo. Chris Huber e Vitaly Mette negli ultimi mesi sono stati visti in compagnia con Victor Butt (o Bout), un tagiko che vive in Inghilterra, indicato come mercante d’ armi dal rapporto dell’ Onu sui traffici in Sierra Leone e Liberia, pubblicato lo scorso dicembre.
Dunque il Coltan in cambio di fucili? La risposta degli investigatori dell’ Onu è perentoria: «Sì».
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
Il minerale del futuro
CHE COS’ E’
Il Coltan (il cui nome è una crasi che vuol dire columbite-
tantalite) è un minerale formato da ossido di tantalio e da ossido di niobio associati. Da qualche anno è diventato ricercatissimo dall’ industria elettronica
PER COSA E’ UTILIZZATO
Il tantalio viene utilizzato per le sue proprietà dielettriche (aumenta le capacità dei condensatori) nei circuiti elettrici più sofisticati, come quelli dei telefonini (dove migliora le performance delle batterie) e nelle playstation (si dice che l’ assenza l’ anno scorso di piattaforme Sony sul mercato fosse dovuto a mancanza di Coltan).
Il tantalio viene utilizzato nelle leghe ad alta resistenza per fabbricare motori e pezzi particolari nell’ industria areonautica. Come l’ uranio impoverito viene quindi utilizzato come «anima» nei proiettili perforanti.
Nelle foto miniere di coltan in Congo, Nursultan Nazarbayev, il dittatore kazako con Berlusconi, il trafficante d’armi di origine tagika Victor Bout e bambini al lavoro in una miniera
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