Sono almeno 25 i morti e decine i feriti negli scontri intertribali che da venerdì insanguinano in nord est del Kenya, nelle contee di Mandera e Wajir, dove gli abitanti sono di etnia somala. Stamattina una granata è esplosa nel villaggio di Choroko, vicino Barisa, nella contea di Mandera, uccidendo almeno 15 persone sul colpo e ferendone (alcune gravemente) almeno il doppio. Nella stessa regione venerdì notte sono state ammazzate altre quattro persone, compreso un riservista della polizia. Altro massacro nella notte nella contea di Wajir, cinque morti. Alcuni dei feriti sono spirati ore dopo.
Le cabile (cioè i clan) in conflitto in quell’area, dove si incontrano i confini tra Etiopia, Somalia e Kenya, sono i degodia, un sottogruppo della potente famiglia hawiya, e i garre, che appartengono alla tribù dir. Entrambe vivono a cavallo delle tre frontiere che in realtà sono solo tracciate sulla carta e vengono attraversate senza problemi. Basta passare a 500 metri alla destra o alla sinistra del posto della polizia di frontiera e il gioco è fatto.
L’attività più fiorente da quelle parti è il contrabbando. Contrabbando di tutto dai generi alimentari, olio, spaghetti (si mangia italiano, anche se non solo, in quell’incrocio di Paesi), margarina, a mercanzie più importanti, apparecchi elettronici, grandi e piccoli, ma anche automobili, che vengono trafugate esentasse in Etiopia e Sudan. Naturalmente lucrativo anche il traffico d’armi.
In Somalia ci sono più armi che abitanti e tutti possiedono un mitra e/o una pistola per difendere se stessi, la propria famiglia e i propri beni. Ovvio che quel materiale bellico passa i confini senza problemi. Tra l’altro il Etiopia meridionale opera l’Oromo Liberation Front, sostenuto dagli islamici somali, gli shebab legati ad Al Qaeda, che li riforniscono allegramente.
Cominciati tre mesi fa a Mandera, ora gli scontri hanno conosciuto una rapida escalation si sono spostati a sud, a Wajir, dove la maggioranza della popolazione è degodia.
Secondo notizie raccolte dallo stringer di Africa ExPress in Kenya, dietro il conflitto tra clan si nasconderebbero i politici locali che intendono trarre vantaggio dalla situazione di instabilità e riescono tra l’altro a “sanare” così vecchie inimicizie. Un’opinione condivisa dal capo della polizia keniota David Kimaiyo.
Per altro si teme che a fomentare gli scontri ci sia la lunga mano degli islamici somali che dopo l’invasione della Somalia da parte delle truppe keniote, hanno giurato di esportare la jihad nell’ex colonia britannica.
Le violenze hanno – come sempre in questi casi – provocato un’ondata di profughi. Ed è sproprio in un campo improvvisato che è scoppiata la granata stamattina.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi