Per la prima volta Amnesty International Italia è intervenuta all’interno dell’Assemblea generale degli azionisti di Eni, svoltasi il 10 maggio a Roma. La direttrice generale Carlotta Sami – spiega un comunicato dell’organizzazione – ha rinnovato all’azienda le raccomandazioni dell’organizzazione sul rispetto dei diritti umani della popolazione del delta del fiume Niger, in Nigeria. “L’inquinamento causato dalle aziende petrolifere presenti sul territorio – tra cui Shell, Total e la stessa Eni – ha contaminato il suolo, l’acqua e l’aria del delta del Niger contribuendo alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all’acqua, nonché del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro – ha dichiarato Carlotta Sami -. Le persone colpite sono centinaia di migliaia, in particolare i più poveri e coloro che dipendono dai mezzi di sussistenza tradizionali, come pesca e agricoltura”.
“La diffusione trasparente delle informazioni sugli effetti delle operazioni estrattive e le misure intraprese dalle aziende per contrastare tali effetti è di vitale importanza. Purtroppo, nel delta del Niger questo raramente accade in modo sistematico – ha aggiunto Sami.
Alla fine del suo intervento, Carlotta Sami – racconta sempre il documento mandato ai giornali – ha esortato l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni a non rimandare: “E’ giunto il momento per la Sua azienda di assumersi le proprie responsabilità relativamente agli impatti causati sull’ambiente e sui diritti umani in Nigeria, e sui progetti futuri, di fronte a tutti i suoi stakeholders, comprese le comunità locali. La Sua azienda può giocare un ruolo importante nella salvaguardia dei diritti umani nel delta del Niger e rappresentare un esempio per le altre’.
Carlotta Sami ha poi chiesto a Scaroni:
– Entro quale data l’Eni renderà pubblici i dati di ciascuna fuoriuscita di petrolio, comprensivi di video e foto, i relativi rapporti d’indagine, con relativo stato di bonifica e ripristino ambientale, inclusa la data di certificazione?
– Entro quale data Eni si impegna a portare a termine il progetto di flaring down?
– Entro quale data Eni renderà pubblici dati annuali completi sul gas flaring e l’elenco di tutti i siti coinvolti con dettagli circa la vicinanza alle comunità locali?
– Entro quale data Eni renderà pubbliche tutte le valutazioni d’impatto effettuate, in modo che siano disponibili e accessibili per le comunità locali e gli altri stakeholders?
L’Amministratore delegato, ricordando il dialogo in corso tra Amnesty International e l’azienda, ha dichiarato l’impegno di Eni a porre termine alla pratica del gas flaring entro il 2017, aggiungendo che il flaring è stato ridotto dal 15 per cento del gas associato del 2012 all’8% del 2013. Scaroni ha inoltre menzionato l’attivazione da parte della Nigerian Agip Oil Company (NAOC), entro la prima metà del 2014, di un sito web contenente i dati relativi a fuoriuscite, flaring down e risultati degli impact assessments eseguiti in Nigeria.
Amnesty International Italia apprezza l’impegno preso relativamente alla riduzione del gas flaring da parte dell’azienda, cui chiederà di rendere regolarmente noti i progressi. L’organizzazione prende inoltre nota del prossimo lancio, entro il 2014, di un sito web curato dalla NAOC contenente i dati sulle fuoriuscite di petrolio e analizzerà con attenzione le informazioni che vi saranno contenute, assieme a quelle già fornite dall’azienda nella risposta alle domande presentate all’azienda per iscritto prima dell’Assemblea.
Amnesty International auspica che l’atteggiamento di apertura mostrato da Eni alle domande e alle richieste presentate costituisca un passo decisivo verso la risoluzione concreta delle problematiche sollevate e quindi verso un maggior rispetto dei diritti umani delle popolazioni del delta del Niger.
Dal maggio 2009, nell’ambito della campagna globale “Io pretendo dignità”, Amnesty International svolge un’azione per il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nel delta del Niger, in Nigeria. Oltre il 60 per cento delle persone che vive nella regione dipende dall’ambiente naturale per il proprio sostentamento. A causa delle fuoriuscite di petrolio, dello scarico di rifiuti e delle torce di gas prodotte dalle compagnie petrolifere che da anni operano sul territorio, quali Shell, Total e la stessa Eni, gli abitanti sono costretti a usare acqua inquinata per bere, cucinare e lavarsi, si nutrono con pesce contaminato e respirano agenti inquinanti.
Su questi temi, Amnesty International Italia è impegnata in un dialogo con Eni, sviluppatosi nel corso di una serie di incontri a partire dal novembre 2009.
Nelle foto il gas che si produce assieme al petrolio viene bruciato alla cima di alte ciminiere che appestano l’aria ovunque.
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