NAIROBI – Uhuru Kenyatta, il multimiliardario kikuyu neopresidente del Kenya accusato dalla Corte Internazionale dell’Aja di crimini contro l’umanità, non ha dubbi: “Ho vinto – ha detto -. Le elezioni sono finite, il Paese è stanco, mettiamoci a lavorare”. Il primo ministro Raila Odinga non è altrettanto sicuro di aver perso e la sua coalizione ha denunciato alcune gravi irregolarità. Odinga, tra l’altro, è convinto che alcuni risultati siano stati truccati nelle roccaforti dell’avversario dove – secondo lui – è stato registrato come votante anche chi non ha votato, gonfiando così i voti a favore di Kenyatta.
“Un’altra elezione contaminata – ha commentato alla fine del processo elettorale davanti ai giornalisti -. Lasciamo ora che sia la Corte Suprema a determinare se il risultato annunciato dalla commissione elettorale è legittimo. Ho fiducia nei giudici e loro sapranno ridare fiducia alla nazione”.
Gli avvocati di Odinga hanno sette giorni per depositare il ricorso contro il risultato elettorale. Parlando dell’argomento con Africa ExPress hanno spiegato che sperano di presentarlo domani o al massimo mercoledì. “Vogliono essere precisi, circostanziati, ma anche veloci”, hanno sottolineato. La Corte suprema a sua volta avrà due settimane per decidere.
Fino a pochi mesi fa una procedura di questo genere avrebbe comportato tempi biblici con il risultato che la decisione della Corte sarebbe arrivata dopo la prossime elezioni tra cinque anni. Ora è diverso. La nuova costituzione prevede scadenze rapide e precise, da cui non si può sgarrare.
Willy Munyoki Mutunga, nominato capo del sistema giudiziario e capo della corte suprema il 20 giugno 2011, ha assicurato che tutti i giudici si metteranno al lavoro immediatamente e non smetteranno un minuto senza sabati o domenica. E c’è da crederci. Mutunga è un fine intellettuale che ha per anni ha lottato contro la dittatura del padre di Uhuru, Jomo Kenyatta, e del suo successore, Daniel arap Moi. La sua storia e la sua biografia lo dipingono come un uomo integerrimo con idee progressiste, anche nel campo sessuale, che non piacciono alla Chiesa e ai conservatori kenioti.
A Nairobi, è opinione comune degli osservatori e degli opinionisti dei giornali che la Corte ha sostanziosa materia da discutere: “Dal punto di vista giuridico le contestazioni di Odinga hanno solide basi e potrebbero tranquillamente essere accolte – spiega il dottor Makodingo Washington -. Alcune delle discrepanze denunciate dal CORD sono chiarissime, come quanto accaduto a Ndhiwa, una cittadina sulle rive del lago Vittoria, in piena zona luo cioè la tribu di Odinga. Gli elettori iscritti al seggio erano 61.339, ma dai registri elettorali risulta che solo 48.535 hanno votato. La perdita secca per il CORD sarebbe di 13 mila elettori circa”.
“I risultati di Laikipia nord, a cavallo dell’equatore nella Rift Valley – continua ancora Makodingo Washington – sono stati annunciati due volte. Giovedì, Kenyatta ha ricevuto 9.707 voti. Venerdì, quando il conteggio in quella circoscrizione era terminato, quei voti sono passati a 11.361. Piuttosto strano”. Kenyatta è stato eletto presidente al primo turno perché ha superato il 50 per cento dei consensi per poco più di 8 mila voti.
Ma le contestazioni possono raggiungere qualche risultato? Questa è la domanda che si pongono tutti a Nairobi. Perché al di la dei dati di fatto, occorre fare alcune considerazioni politiche. Il Paese stanco e il rischio di disordini e/o massacri non piace a nessuno. I kikuyu, opinione generale, non vogliono lasciare le redini del potere a nessuno e se si dovesse tornare alle urne con controlli rigidi e indipendenti sul processo elettorale rischierebbero di perdere le elezioni.
Alla Corte Suprema un funzionario ha spiegato a Africa ExPress quali saranno a questo punto le prossime tappe. Se i giudici ritengono fondato il ricorso ordineranno un nuovo conteggio che potrebbe essere fatto in quei distretti dove sono stati contestati i risultati. Con 8 mila voti sopra la soglia di sbarramento che consente l’elezione al primo turno, e quasi 100 mila schede nulle c’è la concreta possibilità che Kenyatta scenda sotto il 50 per cento dei voti.
Ma il tribunale può anche decidere di scartare tutti i risultati e ordinare un nuove votazioni in tutto il Paese, come può chiudere il caso sentenziando il non luogo a procedere.
Se gli uomini di Odinga rinunceranno alle azioni legali, Kenyatta verrà proclamato presidente il 26 marzo. Se i ricorsi saranno respinti lo diventerà il 16 aprile. Se occorrerà un ballottaggio si dovrà tenere entro 60 giorni e l’insediamento deve essere effettuato il 18 giugno.
Gli osservatori dell’Unione Europea ammettono qualche irregolarità, ma le liquidano come casi isolati, mentre elogiano e sottolineano l’impegno dei kenioti “che hanno garantito elezioni pacifiche e democratiche. Temevamo tutti disordini che non ci sono stati grazie alla maturità degli elettori e della gente di questo Paese”.
Massimo A. Alberizzi
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