Si vota oggi in Kenya per eleggere il presidente della Repubblica e il parlamento. Otto i candidati ma solo due i favoriti, l’attuale primo ministro Raila Odinga e il suo vice Uhuru Kenyatta. Entrambi figli d’arte. Il padre del primo, Jaramogi Oginga Odinga, re dei luo, abdicò per darsi alla politica (per conflitto di interessi il monarca non può essere deputato o ministro) diventò vicepresidente del papà del secondo, Jomo Kenyatta, kikuyu, presidente e padre della patria del Kenya. Oginga Odinga, passò poi all’opposizione e fu imprigionato.
Sulla elezioni odierne pesa il ricordo delle violenze esplose dopo il voto del 2007. Allora
Raila Odinga accusò il presidente Mwai Kibaki di aver vinto le elezioni con i brogli. Scoppiarono violenze etniche: luo e kalenjin (la tribù dell’ex presidente Daniel arap Moi) contro i kukuyu: oltre mille e duecento morti, 600 mila sfollati.
Per quelle violenze la corte penale internazionale ha incriminato, tra gli altri, Uhuru Kenyatta e l’uomo che corre per la sua vicepresidenza, William Ruto. Secondo le accuse avrebbero orchestrato raid punitivi contro i rivali. Nonostante l’incriminazione i due si sono candidati.
Sabato i sostenitori dei due leader (vestiti in rosso i sostenitori di Kenyatta e in arancione quelli di Odinga, i colori dei rispettivi partiti) hanno riempito le vie di Nairobi e il presidente uscente Mwai Kibaki ha kanciato un appello agli elettori perché esercitino il diritto di voto pacificamente. Tutti i candidati hanno promesso di rispettare il risultato e di adeguarvisi.
Ma si teme che i perdenti grideranno ai brogli e aizzeranno i propri sostenitori. In questo caso si rischia il caos anche perché il probabile secondo turno elettorale si terrà l’11 aprile. Il mese di attesa rischia di trasformarsi in un mese di violenze generalizzate.
Sono comunque le prime elezioni che si tengono con la nuova costituzione che prevede la posizione di primo ministro. I registrati al voto sono 14 milioni e il ministro degli interni ha fatto sapere che 99 mila agenti saranno dislocati ai seggi.
Per vincere al primo turno occorre superare il 25 per cento dei voti più il 25 per cento nella metà delle 47 circoscrizioni.
Massimo A. Alberizzi
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