DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
Massimo A. Alberizzi
Goma, 4 maggio 2011
I contratti dell’ENI nella Repubblica Democratica del Congo dunque sono in pole position, anche se non sembra che tutto fili liscio. Per sfruttare appieno le concessioni sul Lago Tanganika, la compagnia di Paolo Scaroni avrebbe bisogno di ottenere i diritti di sfruttamento anche sul versante tanzaniano. Su quella costa gli italiani sono in concorrenza con la britannica Tullow Oil, (sì, la stessa cui il presidente congolese Joseph Kabila aveva sottratto le concessioni già affidate per girarle alle due società sudafricane Caprikat e Foxwelp). La società, particolarmente aggressiva e presente in Africa centrale da diversi anni in partnership con la Heritage Oil, ha concluso diversi contratti con l’Uganda.
La Tullow Oil tra l’altro, già opera nella parte ugandese del Lago Edoardo e, suo malgrado, non ha ottenuto i diritti di sfruttamento nelle parte congolese. Forse per evitare di trovarsi nelle condizioni della società britannica (metà lago sì, metà lago no) l’ENI ha chiesto le concessioni alla Tanzania sul bacino del Tanganika, di fronte a quelle che vorrebbe ottenere in Congo-K. Aggregare due concessioni limitrofe in due Paesi differenti, significa sicuramente unire sforzi e iniziative, con grande risparmio.
Per inciso la Heritage Oil Corporation ha come azionista di riferimento e amministratore delegato Anthony Leslie Rowland, detto “Tony”, Buckingham, il fondatore della società sudafricana di mercenari Executive Outcomes. Buckingham conosce un bel po’ di segreti e di verità inconfessabili in Africa.
I suoi uomini, secondo documenti originali rinvenuti da Africa ExPress, hanno partecipato alla difesa del vecchio dittatore congolese Mobutu Sese Seko nel 1996/7 e la società ha avuto rapporti d’affari con Victor Bout, il trafficante tagico indiziato per aver fornito armi in molte guerre africane.
Nel 2010 Bout, dopo essere stato arrestato in Thailandia, è stato estradato negli Stati Uniti. La figura di Bout ha ispirato il film “Lord of war” (Signore delle guerra).
L’ENI, in questa logica, comunque starebbe trattando anche con la Tullow Oil per cercare di farsi vendere (o per lo meno sfruttare assieme) le concessioni sulla sponda ugandese del Lago Edoardo.
NON PERDERE TEMPO
La rivista Africa Intelligence sostiene addirittura che la società del cane a sei zampe non vuol perdere tempo e, per costruire la piattaforma sul lago Tanganika prevista dal contratto in definizione con il Congo, ha già contattato compagne coreane.
Non solo. Sempre secondo fonti congolesi non confermate, l’ENI starebbe tentando di accaparrarsi le due concessioni affidate a Caprikat e Foxwelp, i blocchi 1 e 2 sul lago Alberto. Dirigenti della Tullow Oil, che pure avevano fatto causa allo Stato congolese per essersi visto cancellare un ghiotto accordo ma ora si sono ritirati dall’affare, hanno fatto sapere che, secondo loro, le due società sudafricane non sono interessate a sfruttare i giacimenti, ma solo a rivenderli per lucraci sopra.
UN POTENTE MEDIATORE
A Kinshasa e Johannesburg gli uomini d’affari contattati da Africa ExPress sono certi che per trattare e ottenere le concessioni l’ENI ha utilizzato i buoni uffici di un potentissimo mediatore, anche lui piuttosto chiacchierato ma capace di aprire tutte le porte di Kinshasa: l’israeliano Dan Gertler.
Secondo fonti di intelligence, Gertler era anche il vero proprietario delle società Caprikat e Foxwelp che avevano sottratto alla Tullow le concessioni sul Lago Alberto. Il nonno di Gertler, Moshe Schnitzer, è stato uno dei fondatori della Borsa Israeliana dei diamanti e lui, a 27 anni, aveva ottenuto dal presidente Laurent Kabila, padre di Joseph, il monopolio delle esportazioni dei diamanti congolesi. Ora è uno degli uomini più ricchi del suo Paese e forse del mondo.
Nel 2007, una delle sua compagnie, la Nikanor, riesce in una grande impresa: ottiene le concessioni di alcune miniere congolesi di cobalto e rame. Eppure non ha alcuna esperienza nel settore!
Il successo del tycoon è legato soprattutto all’amicizia e alle relazioni con la presidenza, prima con Laurent Kabila e poi con il figlio Joseph, e con quello che è la loro eminenza grigia: Katumba Mwanke. A Kinshasa è di dominio pubblico che Katumba è il collettore delle tangenti destinate al “grande capo”.
Gertler, uno dei pochi stranieri invitati al matrimonio di Joseph Kabila nel 2006, è un fervente ebreo ortodosso e due delle sue compagnie in Israele, la Green Park and Green Mount, fino a qualche anno fa finanziavano la costruzione di nuove colonie nei territori occupati.
I rapporti tra ENI e Tullow non sono stati sempre idilliaci e sono esplosi in una rissa nel 2009. La Tullow, in joint ventures con la Heritage, deteneva i diritti di produzione sulla parte ugandese del Lago Alberto, i blocchi 1 e 3. La compagnia italiana raggiunge un accordo con la Heritage per comprare le sue quote ma la Tullow si oppone sostenendo di avere un diritto di prelazione che intende esercitare. Il governo ugandese prima dà ragione all’ENI, poi alla Tullow.
Comunque l’accordo attuale che l’ENI va a sottoscrivere con i dirigenti congolesi prevede che alla società italiana vada l’80 per cento delle concessioni, alla Cohydro, (Congolaise des hydrocarbures), la società statale che si occupa di petrolio, il 10 per cento e il restante 10 per cento a investitori privati congolesi, normalmente società di proprietà di politici o di faccenderi che hanno assicurato la buona riuscita dell’operazione e che in questo modo si garantiscono un ritorno consistente di denaro per poter rimpinguare i loro conti all’estero. Chi ci sia dietro questo 10 per cento non è chiaro. Qualcuno, ma senza prove, parla di Dan Gerlter e Katumba Mwanke, cioè del presidente Joseph Kabila.
SOCIETA’ CIVILE SUL PIEDE DI GUERRA
Gruppi locali che lottano per la difesa dei diritti umani e che temono i rischi di un disastro ambientale (come è accaduto in Nigeria, nel delta del Niger) sono sul piede di guerra. I contratti con cui vengono assegnate le concessioni, sono opachi e false le promesse con cui le compagnie petrolifere si impegnano a tutelare l’ambiente. In una regione traballante come quella dell’Africa centrale (e, in particolare, la zona orientale del Congo, l’Ituri) per nulla pacificata, dove prosperano gruppi armati, grandi e piccoli, una guerra di grandi proporzioni può scoppiare da un momento all’altro, specie se si innestano elementi di instabilità proclamata, come la produzione petrolifera. Le conseguenze sono imprevedibili.
Ad Africa ExPress risulta che contatti tra i gruppi armati del delta del Niger, il MEND (Movement for the Emancipation of the Niger Delta) in particolare, siano già in corso e una delegazione dei militanti nigeriani abbia già visitato le regioni del Congo Orientale. In un’intervista di qualche tempo fa, uno dei leader dei militanti nigeriani, sentito in Ruanda mentre era in viaggio verso l’Ituri, aveva dichiarato: “Dobbiamo impedire che le multinazionali del petrolio distruggano l’ambiente e il tessuto sociale come hanno fatto in Nigeria. I presidenti delle compagnie dovrebbero vergognarsi di questi comportamenti immorali”.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
2 – fine
Nelle foto: La mappa dei blocchi assegnati sul Lago Alberto. Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Joseph Kabila. L’ex capo dei mercenari Tony Buckingham, fondatore di Executive Outcames e ora proprietario di Heritage Oil. Il tagiko accusato di traffico d’armi, Victor Bout. Primo piano del businessman Dan Gertler e subito dopo al matrimonio di Joseph Kabila nel 2006.