DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
Massimo A. Alberizzi
Monza, 2 giugno 2002
Lui nega tutto, ma gli inquirenti sono sicuri di riuscire ad inchiodarlo. Leonid Minin, 54 anni, nato in Ucraina con passaporto israeliano e tedesco definito in un rapporto riservato dello Sco (il Servizio centrale operativo della polizia) “leader supremo delle attività criminali” della mafia ucraina in Italia, il 17 giugno si presenterà davanti al giudice per le udienze preliminari di Monza, Rosaria Pastore. L’accusa è pesantissima: aver organizzato traffici d’armi tra l’Ucraina e l’Africa Occidentale.
In particolare, secondo il pubblico ministero di Monza, Walter Mapelli, Minin, ora in carcere a Vigevano, avrebbe rifornito, attraverso un complicato giro che gli investigatori ritengono di aver individuato dettagliatamente, i ribelli che in Sierra Leone combattevano contro il governo. Quelli del Ruf (Revolutionary United Front), insomma, diventati famosi per la loro ferocia, taglio delle mani, delle braccia delle gambe e perfino delle orecchie ai ragazzini.
Una guerra crudele che ha vari protagonisti, tra i quali anche il presidente delle Liberia, Charles Taylor, l’uomo che ha armato il Ruf per poter mettere le mani sul tesoro della Sierra Leone, i diamanti. Secondo il rapporto dello Sco il “profilo criminale” di Minin è profondamente inquietante: “Contrabbando di opere d’arte, traffico di droga, coinvolgimento nel riciclaggio di denaro sporco”.
Ma Minin non è braccato solo dagli inquirenti monzesi. Lo accusano di traffico d’armi anche gli investigatori dell’Onu incaricati dal Consiglio di Sicurezza di indagare sulle violazioni dell’embargo imposto a Liberia e Sierra Leone. Assieme a Minin, sperano di incastrare altri due “mercanti di morte” ben conosciuti in Africa e in cima alla lista dei presunti responsabili del rifornimento di armi in buona parte dei conflitti africani: Victor Bout, che vive agiatamente a Mosca, e Sanjivan Ruprah, arrestato nel febbraio scorso dalla polizia belga.
Secondo un rapporto dell’Onu datato 17 ottobre 2001, Minin, nel marzo 1999, ha fornito 68 tonnellate d’armi leggere trasportate, come mostrano alcune fotografie, con il suo aereo personale, un BAC 111, dal Burkina Faso (dove erano arrivate con un aereo della Air Foyle, compagnia che riconducibile a Victor Bout) a Monrovia. Un altro rapporto, sempre dell’Onu, dell’ottobre 2001 parla invece di una seconda fornitura avvenuta nel luglio 2000.
Quando l’ucraino-israeliano il 5 agosto 2000 viene arrestato all’albergo Europa di Cinisello Balsamo, gli agenti si trovano davanti a una scena boccaccesca: Minin si intrattiene con 4 prostitute nude in una stanza piena di fumo dove sono pronte ampolline per il consumo di cocaina. In un cassetto c’è un sacchetto pieno di diamanti.
Dopo avergli messo le manette i poliziotti gli sequestrano due valigie colme di documenti. Tra i depliant delle armi più varie (dai fucili ai carri armati e ai missili) spuntano anche alcuni fax spediti a Minin da Valery Cherny, responsabile della società Aviatrend con sede a Mosca, una corrispondenza tra quest’ultimo e il figlio del presidente liberiano Taylor, alcuni documenti, firmati dall’allora presidente della Costa d’Avorio, Robert Guei, che garantisce la destinazione finale a un carico di mitra, granate, pistole, lanciarazzi, e altro e due pagamenti per un totale di un milione di dollari (novecento milioni di euro) all’Aviatrend.
Il primo di 850 mila dollari sul conto della società moscovita presso la filiale dell’Alfa Bank a Nicosia (il 7 luglio 2000) e il secondo di 150 mila dollari su un altro conto della stessa compagnia presso la Chase Manhattan Bank di New York il 13 giugno successivo.
Gli investigatori dell’Onu accertano che i certificati in possesso di Minin sono falsi e ne deducono che sono serviti come copertura per la vendita di armi a un Paese sotto embargo. Quelle armi, secondo loro sono solo transitate per la Costa d’Avorio e sono finite in Liberia e da lì ai ribelli della Sierra Leone.
Prima hanno la conferma da Guei, poi interrogano a Mosca Velery Cherny. Gli chiedono come mai Minin gli avesse pagato un milione di dollari per 5 milioni di cartucce il cui valore si aggira sui 250 mila dollari. “Certo – risponde il capo dell’Aviatrend – quei proiettili erano solo la prima tranche. In Ucraina avevamo preparato nuove armi per nuove spedizioni già pagate. Ma poi Minin è sparito”. Infatti la polizia italiana l’aveva appena arrestato.
Nella fornitura del 2000 è coinvolta un’altra vecchia conoscenza del misterioso mondo dei traffici loschi, l’indiano-keniota-britannico Sanjivan Ruprah (catturato in Belgio a fine febbraio). E’ Ruprah, accusato tra l’altro di aver venduto armi alle fazioni che dal 1998 combattono una feroce guerra in Congo, a spedire con un aereo della sua compagnia, West Africa Air Services, 113 tonnellate di munizioni calibro 7,62 (quelle usate per i fucili automatici kalashnikov). Il cargo, affittato dalla Antonov Design Bureau di Mosca lasciò Gostomel, in Ucraina, il 14 luglio 2000 e dopo uno scalo tecnico il Libia, raggiunse Abidjan il giorno dopo. Il broker dell’operazione fu l’Aviatrend di Valere Cherny. I documenti di quella operazione furono inviati a Minin.
Ma la ragnatela scoperta dagli inquirenti di Monza, che in questi mesi sono stati contattati dai loro colleghi di mezza Europa oltre che dall’Onu, non sembra finire qui. L’intrigo internazionale sembra molto più ampio e coinvolge altri partner.
Tra i vari conti bancari su cui avvenivano i versamenti per le armi, uno ha destato particolare attenzione: quello acceso presso la Central-European International Bank di Budapest, filiale ungherese dall’italiana Banca Intesa. E’ intestato a due Bulgari Alexandar Tudorov e Nadia Petkova.
Tra i nomi dei beneficiari alcuni hanno fatto sobbalzare sulla sedia Johan Peleman, uno degli investigatori dell’Onu che da anni dà la caccia ai mercanti di morte: la Zimbabwe Defence Industry, società di proprietà dell’esercito dello Zimbabwe, paese embargato dalla Unione Europea perché pesantemente coinvolto nelle guerra in Congo, il suo direttore generale T. J. Dube, la moglie dell’ex ministro degli interni di Harare, Zodwa Dabengwa, l’Arsenal Co. chiacchierata società governativa bulgara , l’Air Foyle, compagnia aerea legata a Victor Bout, e la Vab Impex, implicata nello scandalo francese Falcone/Gaidamak per lo scandalo sulle armi vendute clandestinamente all’Angola.
Massimo A. Alberizzi
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In alto la foto segnaletica di Leonid Minin. Quindi immagini scattare da Massimo A. Alberizzi in Liberia nel 2003 durante la guerra: un uomo con le mani mozzate, ragazzini soldato a un posto di blocco e un prigioniero con le mani legate sulla schiena supra i gomiti