Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Khartoum, 24 agosto 1998
Se non fosse stato per il bombardamento Usa della fabbrica “Shifa”, “Salute” in arabo – di medicinali (secondo i sudanesi), di armi chimiche (secondo gli americani) – non sarebbero arrivate da tutto il mondo le decine di giornalisti che hanno invaso Khartoum. Ma stavolta le autorità vogliono far sentire la propria voce contro “l’aggressione della superpotenza americana”. E lanciano la loro sfida agli Usa: il governo, secondo quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri sudanese Mustafa’ Osman Ismail alla Cnn, è disposto ad accogliere una commissione d’inchiesta americana, “con personalità di prestigio come l’ex presidente Jimmy Carter o membri del congresso”, che venga a esaminare la vera natura della fabbrica distrutta dai missili.
Il presidente Omar Al Bashir si era già pronunciato per una commissione indipendente d’indagine istituita dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Di Sudan, in questi anni, si è parlato soprattutto con riferimento alla spaventosa guerra civile che dilania il Paese dal 1983 e alle conseguenze del conflitto: la carestia, la fame, i profughi e le centinaia di migliaia di morti. La lotta armata trova le radici nell’antagonismo tra gli arabi del Nord, ricchi, commercianti, da sempre al potere, e gli abitanti del Sud, africani, cristiani o animisti, considerati inferiori.
A settentrione però, accanto a una borghesia di stretta osservanza islamica, si era sviluppato anche il maggior partito comunista di tutto il continente (escluso il Sudafrica). Una contraddizione che esplode il 30 giungo 1989 quando il generale Omar Al Bashir chiude, con un colpo di Stato, la breve esperienza democratica del presidente civile Sadiq Al Mahadi. Dietro il generale c’è la potente mano della confraternita dei Fratelli Musulmani e del suo leader Hassan Al Turabi, ora presidente del parlamento.
Il Paese viene messo sotto stretta tutela islamica, i partiti chiusi, i giornali censurati: e la guerriglia nel Sud riprende vigore. “E’ stato a quel punto che l’Occidente ha abbandonato il Sudan – spiega un diplomatico -. Sono stati bloccati gli investimenti, congelati gli aiuti. Per sopravvivere, il regime ha chiesto il sostegno agli altri Paesi musulmani. All’Arabia Saudita, innanzitutto, grande amico degli Stati Uniti, ma nello stesso tempo finanziatore dell’islamismo antioccidentale, e anche all’Iran degli ayatollah”.
Durante la guerra del Golfo, Khartoum si è schierata a fianco di Saddam Hussein. Sul territorio sudanese sono stati organizzati campi d’addestramento per gli uomini della Jihad, la guerra santa islamica, probabilmente in cambio di finanziamenti da spendere per combattere contro la guerriglia cristiana del Sudan People’s Liberation Army. Ma se i rapporti con Washington si sono deteriorati ogni giorno di più, la collaborazione con la Francia è stata ed è ancora essenziale. In cambio delle mappe tracciate via satellite delle basi dei ribelli nel Sudan meridionale, Parigi, il 14 settembre 1994, mette a segno un colpo eccezionale.
La sua polizia viene autorizzata ad arrestare nella capitale sudanese uno dei più feroci terroristi, ricercato in tutto il mondo: il venezuelano Carlos. Diverso l’atteggiamento con Osama Ben Laden, il mandante, secondo la Casa Bianca, dei sanguinosi attentati contro le ambasciate di Nairobi e Dar es Salaam il 7 agosto scorso. “E’ vero, Ben Laden era qui – ha ammesso il ministro dell’Informazione Ghazi Atabani ieri durante una conferenza stampa -. Da noi era considerato un buon costruttore. Poi è andato via spontaneamente”.
Gli è stato chiesto: ci sono state pressioni americane perchè fosse allontanato? “No, assolutamente. D’altro canto ora è ancora peggio. Nessuno sa dove si trovi, neppure gli Stati Uniti”. “Non c’e’ dubbio che il Sudan ha tollerato la presenza di terroristi sul suo territorio – spiega ancora il nostro diplomatico -. Ma e’ difficile pensare che si sia messo a fabbricare armi chimiche e gas nervini. A meno che non l’abbia fatto per conto terzi”.
Nella capitale sudanese la gente ha un atteggiamento controverso verso gli americani. “Hanno compiuto un atto barbarico – spiega il giovane Nur -. Non è in questo modo che riusciremo a sbarazzarci del regime. Potevano usare la loro forza per portare aiuto all’opposizione”. Ma ieri vicino alla fabbrica distrutta dai missili qualcuno ha sussurrato: “Ci domandavamo da tempo cosa ci fosse in quello stabilimento. Di notte era controllato a vista da pattuglie di soldati armati fino ai denti”. L’intervento americano ha provocato sconcerto anche tra gli uomini dell’Onu a Khartoum: “Washington avrebbe dovuto denunciare la presenza di armi chimiche in quella fabbrica, ammesso e non consesso che ne abbia le prove – ha sostenuto Philippe Vorel, coordinatore dell’agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite -. Poi avrebbe dovuto chiedere l’intervento del Consiglio di sicurezza per smantellare l’impianto”.
Massimo A. Alberizzi
UN PAESE, DUE FEDI
* IL PAESE Il Sudan è uno Stato federale abitato da 27 milioni e 291 mila abitanti, con capitale Khartoum. Ma la dittatura islamica che sta al potere dall’89 di fatto impedisce qualsiasi attività politica.
* LA GUERRA La divisione tra un Nord abitato da arabi ricchi, di religione musulmana, e un Sud arretrato popolato da africani cristiano – animisti, ha scatenato un conflitto che continua dall’83.
* I PROTAGONISTI Il golpe con il quale il generale Omar Al Bashir ha messo fine nell’89 a una breve esperienza democratica, ha radicalizzato lo scontro con il Sud. Schierati, da una parte il regime islamico di Khartoum, condizionato dall’integralismo del capo del Parlamento El Turabi, dall’altra l’Esercito di liberazione (Spla) guidato da John Garang.
* LA CARESTIA Effetto della guerra è la fame che ultimamente ha messo a rischio 2 milioni e 600 mila persone al Sud.
* LE ALLEANZE Tra Paesi finanziatori del Sudan, l’Arabia Saudita e l’Iran. Buoni i rapporti con la Francia
DIDASCALIA FOTO
SOTTO TIRO A sinistra, le macerie della fabbrica di Khartoum bombardata dagli americani: per Washington è un impianto di armi chimiche, per i sudanesi una fabbrica farmaceutica. Sopra, gli uffici Onu a Khartoum sorvegliati nel timore di attacchi