AFRICA

Attacchi, complotti e minacce trema il regime di Gheddafi. Ma ora il regime nega tutto

Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
Milano, 7 aprile 1996

Sirte, città libica che si affaccia sul golfo omonimo. Ultima settimana di febbraio. E’ in corso il Congresso del Popolo libico, un rituale che serve a consacrare il regime e il suo leader, Mohammar Gheddafi. Il dittatore deve tenere un discorso ma, per motivi di sicurezza, non si sa quando. Qualcuno dei suoi oppositori, però, conosce i suoi programmi.

Un’auto viene imbottita d’ esplosivo all’inverosimile. Si vuole tentare di far saltare tutta la sala dove si tengono i lavori. La macchina si dirige verso il luogo dell’attentato ma, poco lontano, viene intercettata dalla guardia scelta di Gheddafi. Nello scontro a fuoco che ne segue il veicolo esplode: muoiono 17 agenti e 3 terroristi.

Nonostante le autorità libiche abbiano fatto di tutto per tenere la notizia segreta, le informazioni sono trapelate in questi giorni, allorché alcuni testimoni da Sirte hanno raggiunto Alessandria, in Egitto. A dimostrazione che l’ azione é stata effettivamente tentata resta il fatto che la guardia personale del colonnello è stata in gran parte cambiata: “Ora compaiono facce nuove, che nessuno ha mai visto”, ha raccontato un viaggiatore libico che ha richiesto l’anonimato.

“Muoversi tra Tripoli e il confine egiziano diventa ogni giorno più difficile – prosegue il nostro interlocutore al telefono -. Posti di blocco, controlli, perquisizioni. Da Sirte a Bengasi si viene fermati in continuazione. Credo che dopo la sommossa dei giorni scorsi a Bengasi il regime tenti di evitare possibili infiltrazioni verso la capitale. Anche andare a Sud, verso l’oasi di Kufra è assai difficoltoso. La polizia obbliga a lunghe deviazioni”.

La mappa della Libia. Al confine con l’Algeria,verso il Niger si trova Ghat il villaggio dove sono stati rapiti gli italiani e il canadese

La notizia dell’attentato a Gheddafi giunge nel momento in cui la pressione americana contro la dittatura si fa più pesante. Secondo Washington, le autorità libiche stanno costruendo sotto terra la più grande fabbrica di armi chimiche al mondo nell’oasi di Tarhunah, 60 chilometri a Sud est di Tripoli. Il segretario alla difesa William Perry non ha escluso un’ azione militare per neutralizzarla. Perry è volato al Cairo per far accennare l’idea a Mubarak. A fine marzo a Bengasi c’è stata una rivolta, il carcere è stato attaccato per liberare i prigionieri. Le forze di sicurezza hanno represso le dimostrazioni nel sangue ma i ribelli, rifugiatisi sulle montagne hanno continuato a dare battaglia per alcuni giorni.

Gli attacchi alle carceri hanno dei precedenti. Nel novembre scorso due evasioni simultanee si sono verificate dalle prigioni di Derna e di Tripoli sempre provocate da commandos che hanno assalito dall’esterno. Almeno quattro agenti erano stati uccisi e una trentina di detenuti liberati. La società libica e rigida e fortemente controllata. Le spie sono ovunque.

“Nonostante ciò – spiega il nostro interlocutore – ci sono organizzazioni che portano a segno colpi di mano con estrema decisione”. Chi sono? “Difficile dirlo – è la risposta -. Sembra, ma non è assolutamente certo, che si tratti di integralisti islamici ed effettivamente i metodi usati dai terroristi avallano questa ipotesi. Un mese fa, ad esempio, tre uomini sono stati sgozzati sulla tangenziale sud di Tripoli. Si parlava di regolamento tra trafficanti di droga (il cui consumo è in forte aumento in tutto il Paese) ma in realtà si è trattato di una vendetta contro uomini del regime, giustiziati secondo i metodi dei fondamentalisti del Gia (Gruppo Islamico Armato) algerino”. Esistono poi gli oppositori laici legati al National Front for the Salvation of Libya, NFSL, guidati dal colonnello Khalifa Haftar.

L’ ufficiale era il comandante della grossa base aerea di Uadi Dum, costruita dai libici in Ciad negli anni 80, quando le truppe di Gheddafi occupavano il nord di quel Paese. Nell’ 87 Uadi Dum cadde nella mani delle truppe ciadiane (che avevano il sostegno logistico dei francesi). Khalifa fu catturato, rinnegò il dittatore e diventò il leader militare dell’ NFSL. “Alla rivolta di Bengasi potrebbero aver partecipato anche loro. In realtà non è ben chiaro ciò che sta succedendo. Forse le minacce americane servono anche a far uscire allo scoperto le opposizioni al colonnello”.

Massimo A. Alberizzi

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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