Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 ottobre 2015
Riprendono i dialoghi bilaterali tra il governo sudanese e quello italiano. In questi giorni una delegazione italiana del ministero degli Esteri e di quello degli Interni si è recata a Khartoum, per incontrare rappresentanti del governo della ex-colonia britannica, tra loro anche il titolare degli Interni, Esmat Abdel Rahman.
A luglio il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva ricevuto a Roma il suo omologo sudanese, Ibrahim Ghandour . Durante il colloquio Gentiloni ha confermato la forte volontà del nostro Paese di voler collaborare con il governo di Khartoum per garantire una maggiore sicurezza e stabilità all’intera regione.
Al centro dei colloqui, il “Processo di Khartoum”, fortemente voluto dall’ex-sottosegretario degli esteri Lapo Pistelli, ora vicepresidente dell’ENI.
In sintesi, si tratta di una sorta di intesa per affrontare il problema migratorio in seno alle relazioni internazionali, accordandosi con dittatori e plutocrati vari per regolamentare la migrazione, creando centri di accoglienza nei Paesi di transito, e per lottare contro il traffico di esseri umani. Un progetto ambizioso che finora sembra fallito giacché il flusso migratorio non accenna ad arrestarsi
Durante una conferenza, tenutasi nella capitale italiana, alla fine di Novembre 2014, è stato firmato un documento politico intitolato “Dichiarazione di Roma”, siglato da 58 Paesi: 28 Stati membri, due Paesi Schengen, Svizzera e Norvegia, e 28 paesi africani, tra i quali anche l’Eritrea e il Sudan e l’Algeria in qualità di osservatore. Il nostro ministro degli interni, Angelino Alfano, aveva definito così lo “storico” accordo: “Difende la dignità umana e unisce tutti i paesi interessati contro la criminalità e la migrazione illegale”. Probabimente Alfano non sa cosa succede in Eritrea, in Congo e nello stesso Sudan, solo per fare tre esempi. Secondo Paolo Gentiloni, invece: “L’immigrazione non riguarda soltanto le iniziative umanitarie ed il controllo delle frontiere, ma passa anche attraverso la cooperazione economica”. Ottimo proposito, restato sulla carta.
Per avvalorare la tesi del ministro Gentiloni, proprio pochi giorni fa, durante il Consiglio dei Ministri del 12 ottobre 2015, è stato stanziato un milione di euro ad integrazione dei finanziamenti per iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell’Africa sub-sahariana e in America Latina e caraibica.
Si parlerà nuovamente del “Processo di Khartoum” durante il vertice che si terrà a La Valletta, Malta l’11 e 12 novembre 2015, fortemente voluto dall’UE, che nell’aprile 2015 aveva chiesto che venisse organizzato un summit internazionale per discutere di migrazione con i paesi africani e altri paesi chiave coinvolti.
Cornelia I. Toelgyes
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