Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 21 maggio 2015
Da quando il governo di Pechino sta cercando di regolamentare la pesca nelle proprie acque territoriali e ha eliminato le pratiche più distruttive come la pesca a strascico, i suoi pescherecci si sono spostati in Africa. Nel 1985 solo tredici pescherecci cinesi furono avvistati nelle acque dell’Africa occidentale, mentre nel 2013 il loro numero era salito a 462.
In un rapporto di Greenpeace di qualche giorno si legge una dura denuncia: “I cinesi non solo esportano un modello di pesca che ha distrutto il loro stesso patrimonio ittico, ma alcune compagnie irresponsabili hanno rubato il pesce a Paesi africani durante un momento veramente critico. Mentre i governi di Liberia, Sierra Leone, Gambia e alcuni altri erano concentrati ad affrontare il problema della gravissima epidemia di ebola, i cinesi hanno approfittato del caos momentaneo per effettuare incursioni di pesca illegale nelle loro acque “.
Greenpeace afferma di essere a conoscenza di centoquattordici casi di pesca illegale, effettuata negli ultimi otto anni nelle acque della Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mauritania, Senegal e Sierra Leone. I pescherecci coinvolti erano per lo più sprovvisti di licenza o/e pescavano in acque proibite. Sessanta di questi casi hanno visto coinvolta la Cooperazione di pesca nazionale cinese, la CNFC (China National Fisheries Corporation), di proprietà del governo di Pechino, incaricata di sviluppare la pesca in acque non territoriali.
Lo scorso anno, in un solo mese, Greenpeace ha colto in flagranza di reato ben 16 barche; di queste 12 battevano bandiera cinese o appartenevano ad armatori cinesi. Alcuni di loro avevano anche manomesso il loro sistema d’informazione di identificazione automatica.
Ovviamente Pechino respinge tutte le accuse e dichiara di aver agito nella piena legalità e secondo gli accordi siglati con i governi africani. “Le nostre compagnie hanno contribuito all’incremento dell’economia locale, pagando le tasse e dando lavoro alle persone del luogo, cosa molto gradita dai governi e dalle popolazioni”, ha risposto alla denuncia di Greenpeace, Hong Lei, portavoce del ministero degli Esteri.
Cornelia I. Toelgyes
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