Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
5 giugno 2014
Lo stadio 4 agosto di Quagadougou, capitale del Burkina Faso non è mai stato tanto affollato (quarantacinquemila posti a sedere) come quel 31 maggio 2014. Migliaia e migliaia di persone si sono radunate per protestare contro un referendum che permetterebbe al presidente Blaise Compaoré e alla sua leadership di ripresentarsi alle elezioni del prossimo anno. Ancora una volta la storia si ripete: Un dittatore/presidente che non se ne vuole andare e che chiede di modificare la legge suprema per poter restare attaccato al potere come una sanguisuga.
Il partito di maggioranza, Congrès pour la démocratie (CDP), vorrebbe una riformulazione dell’articolo trentasette della Costituzione, quello che limita il numero dei mandati del presidente della repubblica a due.
Jocelyne Vocouma, segretario esecutivo nazionale aggiunto per i rapporti con i media del CDP, ha annunciato: “Lanciamo un sentito appello a Compaoré perché, nella sua qualità di presidente, convochi il corpo elettorale esecutivo referendario relativo all’articolo 37”.
Zephirin Diabre , capo dell’opposizione, parlando alla folla, ha sottolineato: “Il nostro Paese non è una monarchia dove si muore con il potere in mano. Non vogliamo un presidente a vita. Siamo una democrazia, dove gli uomini vanno e vengono, mentre le istituzioni restano”.
Compaoré è salito al potere nel lontano 1987 con un colpo di stato. E’ una figura chiave nella politica dell’Africa occidentale. Fedele alleato della Francia e degli Stati Uniti sin dalla sua ascesa al potere, ora è una pedina chiave nella lotta contro Al Qaida nella regione. Difficilmente Parigi e Washington potranno accettare che lasci il potere nelle mani di qualcuno che non è altrettanto affidabile.
“Dobbiamo cercare di dissuadere il presidente nel proporre il referendum alla popolazione. Se queste manifestazioni non sono sufficienti – ha minacciato Diabre – passeremo alla fase due. Useremo tutto ciò che la legge ci permette: l’articolo 37 della Costituzione non va cambiato”. Il 14 luglio è prevista un’altra manifestazione a Bobo Dioulasso, la seconda città per importanza del Paese.
Burkina Faso nelle lingue locali more (parlata della tribù mossi) e bamanakan (idioma dei dioula) significa terra degli uomini onesti, integri. Il 4 agosto 1984 Thomas Sankara cambiò il nome a quello che allora era l’Alto Volta.
Sankara fu assassinato dal suo ex-compagno di armi Blaise Compaoré, l’attuale presidente del Burkina Faso, nel 1987. La leggenda racconta che Compaoré abbia strangolato personalmente l’amico. Sankara Era considerato il Che Guevara dell’Africa sub-sahariana. Incorruttibile, aveva preso il timone del suo Paese con entusiasmo e la sua intenzione era di riuscire a cancellare la povertà. Obbiettivo che non raggiunse; riuscì invece ad assicurare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante. Dopo la sua scomparsa il Paese è ripiombato nella tragedia della povertà.
Anche se le risorse minerarie del Burkina Faso sono discrete, non sono sufficienti per sollevare l’economia del Paese, in gran parte finanziata da aiuti internazionali. Rimane uno tra i Paesi più poveri del pianeta. Il quaranta per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e necessita di aiuti umanitari. L’aspettativa di vita non supera i cinquant’anni.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter : @cotoelgyes