Dal Nostro Inviato
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 28 aprile 2014
D’accordo che Gesù Cristo aveva un occhio particolare per ladri, assassini e prostitute, ma la sua era un’attenzione rivolta a un’umanità derelitta, costretta dall’indigenza al malaffare (direi malviventi per necessità) e il suo, un tentativo di redimerla. Ai tempi di Gesù poi non c’era né la radio, né la televisione e le mogli degli empi e dei farisei non avevano opportunità di venire a far compere nelle boutique di via Condotti.
Ma il Vaticano non sembra, in tutta franchezza, che abbia ben compreso che c’è una grossa differenza tra i Barabba, i Tito e i Dimaco di allora e i tiranni africani di oggi. Beh, la prima è che i tre ladroni e i loro pari non erano invitati nei salotti buoni e frequentavano invece la suburra. Gli assassini e i ladroni di oggi vengono trattati con tutti gli onori e siedono nei più esclusivi consessi. E poi, a differenza di Barabba, i loro portafogli e i loro conti in banca all’estero traboccano di denaro, un denaro che arriva direttamente dalle materie prime e dal petrolio.
WOJTYLA E SANI ABACHA
Devo dire che ho sentito un moto di irritazione quando in Nigeria nel 1998 ho visto Papa Wojtyla stringere la mano al sanguinario dittatore Sani Abacha, che all’epoca guidava la ricchissima ex colonia britannica. Se i miracoli esistessero davvero, il pontefice avrebbe dovuto ritirare la sua mano grondante del sangue delle vittime del dittatore. E’ vero che il Vaticano aveva presentato una lista di prigionieri politici da liberare. Purtroppo non risulta che il tiranno nigeriano abbia mai graziato qualcuno.
Francamente credere che un dittatore come Abacha accolga una richiesta di questo tipo – sebbene arrivi dal vicario di dio in terra – è ridicolo. Sembra strano che la diplomazia vaticana, una delle più attente del pianeta non lo sappia.
RICHIESTE FINITE NEL CESTINO
La destinazione delle richieste dei pontefici, cioè il cestino della carta straccia, si poteva facilmente prevedere, visto che già nel febbraio 1993 la stessa raccomandazione era stata rivolta a un altro dittatore dal pugno di ferro, Omar Al Bashir incontrato sempre da San Wojtyla a Khartoum, capitale de Sudan. Non solo. Qualche anno dopo, è il settembre 2007, Bashir restituisce la visita in Vaticano. Questa volta incontra san Ratzinger, che lo accoglie con tutti gli onori. Il papa si fa promettere che il dittatore farà la pace con i ribelli del Darfur. Promessa, ovviamente, non mantenuta.
E il 27 aprile, giorno della canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, alla corte di Papa Francesco, come scrive un sito che si occupa di Guinea Equatoriale “Tra le numerose delegazioni e i diversi capi di Stato presenti in piazza San Pietro il continente africano è ben rappresentato con: Teodoro Obiang Nguema Mbasogo (Guinea Equatoriale), Ali Bongo Ondimba (Gabon), Paul Biya (Camerun) et Robert Mugabe (Zimbabwe)”.
I QUATTRO TIRANNI
Avrei preferito veder scritto “mal rappresentato” giacché questi signori sono quattro tra i più feroci dittatori del continente. Le loro galere, dove la tortura è la prassi, sono piene di dissidenti. I primi tre, con il sottosuolo traboccante di petrolio, sono sostenuti, difesi e protetti dalla Francia. Il quarto colpito da un divieto di viaggio non può mettere piede nei Paesi dell’Unione Europea.
A vedere le foto di questi signori con il papa e i prelati tutti, sorge spontanea una domanda: ma la Chiesa sta dalla parte dei poveri e dei derelitti oppure – come per altro insegna la sua storia – da quella dei potenti e dei malvagi?
VIETATO ENTRARE NEL TEMPIO
Le richieste dei papi in merito al rispetto dei diritti umani, alle garanzie democratiche e in generale alla pietà, vengono puntualmente disattese. E infatti non è del tutto sciocco chiedersi se quelle domande sono solo fastidiosi momenti imposti dalla prassi e dall’etichetta della burocrazia cattolica e, soprattutto, dall’immagine di protettore dei poveri che la Chiesa deve mantenere.
Forse il 27 aprile scorso, per dimostrare veramente che esiste un nuovo corso nella Chiesa, papa Francesco avrebbe veramente dovuto impedire ai quattro sanguinari despoti di entrare nel tempio.
Non so bene se qualcuno in Vaticano abbia esortato Mugabe a concedere qualche amnistia o a piegarsi al gioco della democrazia, so però per certo che la prima coppia dello Zimbabwe a Roma ha fatto la felicità dei negozi delle grandi firme nel centro della capitale.
La bella quarantanovenne Grace, sposata con il novantenne leader dell’ex Rodesia del Sud (lei ha 41 anni meno di lui) ama l’eleganza sfrenata, compra vestiti nelle boutique più esclusive, comprese costosissime pellicce che sarà difficile usare in Zimbabwe.
NON SI INVITANO GLI OSPITI SGRADITI
Sorrisi anche al peggior dittatore di tutto il continente, l’equatorialguineano Teodoro Obiang Mbasogo, (guida la classifica della repressione a pari merito con il suo collega eritreo Isaias Afeworki). E’ vero, un padrone di casa deve essere educato e gentile con i suoi ospiti, oppure può fare una sola cosa, non invitarli se sono veramente sgraditi.
Ci resta però una speranza. Che papa Bergoglio abbia chiesto veramente a Obiang di liberare un imprenditore italiano, Roberto Berardi, tenuto sotto chiave in condizioni indegne per un essere umano, nelle galere guineoequatoregne dal capriccioso figlio del dittatore, Teodorin.
OBIANG E BERARDI
Se questo fosse l’intento di Francesco, mi scuso per aver osato criticare la scelta di invitarlo alla canonizzazione dei due papi. Non credo però che la richiesta di liberare Berardi possa essere accolta da un tiranno plutocrate come Obiang, il cui dio, francamente, non ci sembra quello che risiede in Vaticano, ma piuttosto nelle banche in cui vanta conti milionari. Piuttosto, il dittatore sbandiererà la sua visita al papa come una conquista: “Vedete – dirà alla sua gente – sono un uomo della provvidenza; il vostro uomo della provvidenza. Anche il pontefice mi ha ricevuto”.
In tanti nel suo Paese gli crederanno. In politica – come purtroppo anche l’Italia sa – gli imbonitori sono abilissimi a vendere i loro prodotti. E lui potrà tranquillamente continuare ad ammazzare e a saccheggiare le risorse petrolifere della Guinea Equatoriale, tanto, farà capire ai suoi sudditi, ”il paradiso nella prossima vita eterna ve lo garantisco io che, ho parlato con il vicario di dio in terra“.
L’IMPATTO DELLE VISITE DAL PAPA
Visto che le domande dei papi in merito al rispetto dei diritti umani, alle garanzie democratiche e in generale alla pietà, vengono puntualmente disattese, forse sarebbe il caso di analizzare a fondo il risultato di queste visite e l’impatto negativo che hanno sulle povere (in tutti i sensi) popolazioni africane.
Se poi papa Francesco avesse concesso l’indulgenza plenaria ai quattro despoti sarebbe un vero disastro. Sì, certo l’indulgenza plenaria funziona solo per chi si è pentito veramente nel suo intimo, ma chissà cosa penseranno nei villaggi sul loro tiranno, in fondo una brava persona, i cui massacri possono essere cancellati da un semplice pentimento, grazie all’intercessione papale
L’INGUARIBILE SHOPPETTARA
Il rivoluzionario, ma ultracattolico conservatore Mugabe (se la prende con i gay come se quello fosse uno dei problemi più importanti del suo Paese, devastato invece dalla corruzione, dal malaffare e dalla degenerazione politica) si sa, ha un debole: scimmiotta la monarchia britannica, nelle cerimonie e nei costumi. La moglie Grace, invece, è un’inguaribile shoppettara.
Colpita dal travel ban (il divieto di viaggiare) in America, utilizza tutti i metodi consentiti dalle eccezioni per venire in Europa. Ogni convegno per lui è buono. Onu e agenzie, Vaticano e derivati. E’ stato ai funerali di Wojtyla nel 2005 e alla fine della procedura di beatificazione nel 2011. Naturalmente l’anno scorso non si è perso l’insediamento di papa Bergoglio, e qualche anno prima il convegno della FAO. Mugabe non si lascia scappare nessuna occasione per svignarsela dallo Zimbabwe e portare la moglie in via Condotti.
Se questi sono gli ospiti del papa in Vaticano, la Chiesa non si può poi meravigliare se in Africa c’è il boom delle sette, che accalappiano facilmente i delusi del cattolicesimo e che, guarda caso, fioriscono proprio nei Paesi governati da famelici dittatori che ostentano ricchezze saccheggiate alle loro popolazioni.
Massimo A. Alberizzi
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Nelle foto nell’ordine dall’alto in basso: Robert Mugabe, con la moglie Grace, Omar Bongo, Paul Biya, Obiang, una cella delle carceri della Guinea Equatoriale e infine ancora Omar Bongo.